Bisogna essere chiari nelle cose.
La guerra di aggressione è sempre ingiusta ed immorale. La guerra di aggressione per cambiare una classe politica è ingiusta, immorale e sbagliata. La guerra di aggressione che infierisca sui civili è ingiusta, immorale, sbagliata e costituisce un crimine di guerra. I contrasti fra le nazioni vanno risolti nel dialogo ed attraverso la politica.

Ecco allora che quanto sta succedendo nell’Ucraina, proprio ai confini dell’Europa ci interpella in modo diretto.
Innanzi tutto l’analisi del dato di fatto.
L’Ucraina è una terra baciata da Dio perché fertilissima. Da secoli i suoi abitanti si sono amalgamati nell’amore al lavoro dei campi e nella profonda sintonia con la natura fonte di vita. Gente gioiosa, tenace, e solida.

Le culture, le sensibilità, le tradizioni, i valori ed anche i sentimenti religiosi di chi abita le vaste pianure ad est dei Carpazi, sono propri della gente legata alla terra ed abituata a lottare e convivere con essa. Basta vivere una sola volta la festa gioiosa di Ivanna Kupala per comprendere tutto questo.

Dunque nell’Ucraina è fiorita una società civile straordinariamente generosa e solidale ma anche generatrice di fieri e coraggiosi combattenti. Per piegare l’Ucraina, Stalin dovette sterminare proprio loro, i Kulaki, i piccoli coltivatori diretti legati alla terra, alla ortodossia, al valore della proprietà e allo Zar.

E non a caso i più fedeli servitori dello Zar erano stati proprio i cosacchi, i fieri e feroci combattenti a cavallo delle pianure che si estendono al di qua ed al di là del Dniepr. Parimenti non è un caso che solo qualche tempo dopo siano stati i partigiani ucraini a creare enormi difficoltà ai collegamenti ed ai rifornimenti all’armata di Von Paulus inchiodata a Stalingrado.

È stupefacente come gli Stati Maggiori Russi abbiano potuto pensare ad una guerra lampo per piegare l’Ucraina. La guerra durerà a lungo perché Putin non si fermerà, ma la resistenza sarà fiera e tenace. Purtroppo il risultato di questo stallo sarà quello già visto a Grozny: distruggere l’avversario che non piega il ginocchio riducendolo a macerie.

Ecco profilarsi nuove dieci città martiri questa volta non ad opera dei nazisti ma dei Russi.
Entrano allora in gioco i sentimenti profondi di un’intera generazione. I sentimenti suscitati dalle immagini che rimbalzano dal fronte: morti, distruzioni, famiglie divise, bambini piangenti, laceri ed affamati.

Sentimenti ben noti a chi ha già visto i carri armati circondati dalla folla per le strade di Budapest ed anche Presidenti liberamente eletti in paesi liberi, in divisa militare e con l’elmetto. Sentimenti di ammirazione, stima, e dolore per eroi che non hanno esitato a pagare con la vita la coerenza ad altissimi ideali, fossero Imre Nagy o Salvador Allende.

Si, la guerra Ucraina sarà lunga e destinata a modificare per sempre il quadro geopolitico dell’Europa e non solo.
Non è stata valutata con sufficiente attenzione la posizione dura ed ultimativa di Boris Johnson. Si potevano giustificare le guerre russe nel Caucaso forzosamente pacificato, perché non vi era altro modo per impedire l’eliminazione dell’islam moderato e pacifico da secoli insediato nelle regioni russofone a sud ed ad est del Volga.

Si poteva con molta buona volontà giustificare l’intervento russo in Siria ed in Libia per gli stessi identici motivi: contrastare frenare l’espansione dell’integralismo islamico in regioni alla fine marginali.

Ma con l’Ucraina non potevano esserci cedimenti esattamente come 80 anni fa non fu possibile avere cedimenti con la amica ed alleata Polonia nei confronti dell’aggressione Hitleriana. Cedere con l’Ucraina avrebbe significato dover cedere con la Moldavia e poi con i paesi baltici e poi la Finlandia e poi….nessuno sa bene ancora cosa. Come allora anche oggi l’Inghilterra ha detto un no convinto e chiaro e la reazione di tutta l’Europa finalmente unita e solidale non è stata diversa.

E’ inevitabile allora domandarsi se e quando arriverà il momento della svolta e della pace.
Sono tra quelli che crede che esso arriverà solo nel momento nel quale il delicato volto della giovane madre di un soldato caduto nella insensata guerra sarà fotografata sulla piazza Rossa con in mano la gigantografia del bel del ragazzo sorridente ed in divisa, ma ormai morto.

La giovane mamma sarà certo arrestata e trascinata via in malo modo, ma a lei si uniranno altre cento e cento madri di giovani caduti. Quando alla fine i video dei loro arresti brutali e violenti diventeranno virali, l’impero russo autocratico e zarista andrà in pezzi.
Non sarà la Chiesa Ortodossa a guidare la rivolta, perché impossibile per lei non sostenere lo Zar al potere. Sostenne addirittura Stalin, quando quel capo dell’esercito chiamò il Santo Popolo Russo all’unità contro l’invasione Hitleriana.

Né i protagonisti della svolta potranno essere gli oligarchi ed i capi dei grandi gruppi economici catturati allo Stato sovietico morente, grazie all’amicizia di Eltsin e poi di Putin. Gli oligarchi possono sopravvivere e prosperare solo se c’è uno Zar che li protegge e che interagisce con loro.

Né saranno le sanzioni economiche dell’occidente a generare una svolta. La Russia potrebbe finire in default stretta da sanzioni senza precedenti, ma il popolo russo è fiero e solido ed è abituato a sopportare privazioni vivendo di quel poco che c’è.

Né alla fine e per ultimo sarà l’esercito a rovesciare il tavolo, perché per quanto fiaccato e in rivolta contro una guerra dissennata e nei confronti di una nazione sorella, l’esercito russo è stato ed è per antonomasia fedele allo Zar, quale che sia, sempre e comunque.
Sarà proprio il popolo russo a dire basta. Quella società civile che in un mondo globale ed interconnesso, dopo aver visto, conosciuto e capito il valore irrinunciabile della libertà e della democrazia, capirà di non potervi rinunciare.

È l’idea e l’ideale di un Ucraina democratica, libera ed inserita a pieno titolo in Europa, la scintilla che scatenerà l’incendio anche in Russia, nazione che per storia, tradizione, cultura, religione ed arte è nazione cristiana ed europea.
Qui però si arriva al cuore della questione.

Capisco quanti sostengono le posizioni di Putin. Il loro retropensiero è che la tirannia dei potentati finanziari globali ormai alla guida del mondo a rimorchio dell’agenda del World Economic Forum e del Deep State, può essere contenuta e controbilanciata solo dalla ‘Santa Madre Russia’ di Putin.

Nella loro precomprensione politica c’è la convinzione che là si trovi l’antidoto ed il rimedio alle degenerazioni dell’occidente di cui la ‘cancel cultura’, la avanzata ‘gender’ e dei diritti individuali illimitati, e tanti altri fenomeni impresentabili, ne sono la plastica rappresentazione e conseguenza. Certo solo pensando a quello che ci è toccato vedere a San Remo è difficile dar loro torto.

E tuttavia l’errore di questa posizione non sta nel ritenere che l’Occidente, ove pure asservito al Deep State sia in crisi irreversibile e perciò destinato ad un tramonto veloce e opaco.

L’errore sta nel pensare che l’ideale di una Russia autocratica, ortodossa e neo zarista possa essere il modello vincente, mentre esso è con certezza perdente perché riflette un passato ormai morto ed alla fine anche fallito. Ed è appunto questo il modello che la guerra di aggressione all’Ucraina condannerà alla fine definitiva ed alla sepoltura.

Mi sento di rovesciare il giudizio pur autorevolissimo di Svetlana Aleksievich, bielorussa e premio Nobel del 2015: “Il Regime è sostenuto dalla Russia profonda umiliata”. È esattamente il contrario.

È la Russia profonda, quella sterminata al di à degli Urali, “la Russia di legno”, la taiga dove Governatore è l’Orso, è proprio quella la Russia che cerca e anela alla libertà ed al metodo democratico.

È quella la Russia che alla fine farà cadere Putin cancellando il modello zarista ed autocratico che la insensata guerra tenta di imporre: la ‘Grande Russia’ autocratica sorretta da Esercito, Chiesa ed oligarchi che inglobi ad ovest della Dniepr, tutti popoli slavi. Dalla guerra Ucraina nascerà un nuovo modello di Russia, quella che considera la pur lontanissima Europa un modello di società democratica da perseguire ed imitare e non viceversa.

La Russia non si è confrontata fino in fondo con l’illuminismo, né ha assaporato i frutti positivi delle rivoluzioni sociali che esso generò: libertà democratiche, divisione dei poteri e parlamentarismo.

L’unico eco dell’illuminismo risuonato flebilmente nella cultura Russia sta nella penna dei grandi letterati che hanno cantato il tramonto dello zarismo in Russia, la società della nobiltà agraria e latifondista e dei servi della gleba di proprietà della nobiltà terriera. La grande letteratura russa degli ultimi centocinquanta anni è stata il vero momento di ricerca critica tra lo Spirito Russo e modernità prima e dopo la svolta comunista.

Oggi però la libera circolazione delle idee e delle merci in uno con la universalità irreversibile della comunicazione ha messo in crisi equilibri secolari. L’ideale non contenibile di libertà ha iniziato a prendere il sopravvento ed ha generato una spinta anche politica destinata ad affermarsi, seppur gradualmente, in via definitiva.

Il percorso verso la democrazia sarà accidentato ed irto di ostacoli data la fragilità delle brevissime esperienze democratiche che di volta in volta sono venute alla ribalta in quella grande nazione. Ma non potrà essere arrestato e questa guerra ne sarà solo causa di accelerazione.

Una ferita rimane tuttavia aperta e sanguinante. Le Chiese ortodosse autocefale ricchissime nella loro splendida liturgia e nella loro religiosità pneumatologia, non sono state in grado di guidare il cambiamento sostituendosi all’illuminismo e al marxismo. Non sono arrivate a proporre ideali e modelli di vita sociale e politica ad un tempo libertari e solidali, cioè democratici e operatori di pace.

La Chiesa Ortodossa non ha avuto il grande dono di un Concilio quale è stato il Vaticano II. Ed i frutti si vedono purtroppo anche in questi giorni.
E’ giunto il momento di ricomporre una frattura secolare della cristianità che in questi tempi di mondo unito non è più giustificabile e forse è una delle concause delle tragedie che si stanno vivendo.

Ho la certezza che se quelle Chiese autocefale si fossero alla fine risolte a vedere nel Vescovo di Roma il momento finale della unità e nel suo “Primato” il vertice dell’Ordine e la fonte ultima della ‘Parola’ e della giurisdizione, oggi non saremmo in questa situazione. Il Papa avrebbe avuto l’autorità indiscussa anche nei confronti dell’Ortodosso Putin di imporre la mediazione e la fine del conflitto.

Non rimane allora che evitare l’errore mortale di lasciare senza riscontri il coraggio indomito di un popolo generoso e del suo eroico Presidente. La splendida Kiev, quella delle cattedrali ieratiche e dalle cupole dorate costruite sulle miti colline che si incorniciano le boscose rive della Dniepr , non deve essere oggi quella che fu la Varsavia della ‘ Rivoluzione cadetta’ del 1830.

La difesa e poi la caduta di Varsavia fu allora momento fortissimo di coagulo ideale e di riferimento culturale della ‘elite’ liberale europea e per questo benché conquistata fu alla fine vittoriosa ma solo perché resa immortale dalle ‘Polacche’ di Chopin.
Qualcosa del genere potrebbe accadere anche oggi se non fosse chiaro a tutti che caduta la libertà in Ucraina sarebbe a rischio anche la libertà in Europa. E sarebbe questo sì il segno vero ed ultimo del “Tramonto dell’Occidente”.

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