Adesione a Convergenza Cristiana 3.0

Carissimo/Gentilissima,

Convergenza Cristiana 3.0 è un’ Associazione voluta da un gruppo di imprenditori, professionisti e intellettuali che ha deciso di impegnarsi personalmente e a fondo per la rinascita morale, spirituale ed economica dell’Italia e ove possibile dell’Europa. Il contributo che abbiamo pensato di offrire in questa primissima fase lo abbiamo attinto e giustificato dal punto 555 del Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa che fedelmente penso doveroso riportare:

“L’impegno sociale e politico dei cattolici, infatti, non è mai limitato alla sola trasformazione delle strutture, perché lo percorre alla base una cultura che accoglie e rende ragione delle istanze che derivano dalla fede e dalla morale, ponendole a fondamento ed obbiettivo di progettualità concrete. Quando questa consapevolezza viene meno, gli stessi cattolici si condannano alla diaspora culturale e rendono insufficienti e riduttive le loro proposte. Presentare in termini culturali aggiornati il patrimonio della Tradizione cattolica, i suoi valori, i suoi contenuti, l’intera eredità spirituale, intellettuale e morale del cattolicesimo è anche oggi l’urgenza prioritaria….”

Abbiamo deciso di fare nostre queste parole e proporre e costruire una progettualità concreta ed aggiornata, che renda ragione della esigenza che fortemente avvertiamo di creare un nuovo modello economico che superi e rimuova i fallimenti che stiamo soffrendo dopo la caduta del mito marxista ma anche dell’idea ancora purtroppo egemone, che il mercato possa aggiustare da solo ed ex sé tutte le cose. Teoria disastrosamente e strenuamente sostenuta dai teorici della “confidence theory” che tanti danni ha fatto in Italia ed in Europa. Il risultato infatti è sotto gli occhi di tutti: il collasso dei mercati finanziari si è tradotto in grande e lunga depressione.

Abbiamo giudicato essenziale iniziare a lavorare per superare questo modello recessivo rilanciando il “proprium” e lo specifico della genialità italiana: la capacità creativa ed innovativa, che unita alla innata attitudine imprenditoriale del nostro popolo hanno permesso all’Italia una rapidissima ricostruzione post bellica sino alla conquista dell’oscar della lira. Quello che fece la generazione che ci ha preceduto tocca ora alla nostra generazione, dato che per molti versi la situazione rovinosa di allora non è molto diversa da quella di oggi.

Con l’aiuto del professor Nino Galloni e dello staff di giovani economisti che collabora con lui, abbiamo individuato 12 punti che ti allego alla presente. Sopra di essi abbiamo pensato di costruire ed ancorare un nuovo e complessivo progetto politico ed economico nella novità richiesta dai tempi ma in continuità con la grande tradizione del Cattolicesimo Politico Italiano.  Ti segnalo in particolare due punti: lavoro ed impresa.

Il lavoro in primis, modulato non su astratti modelli capitalistici ma sui reali bisogni della società. Ma non è possibile la piena occupazione ed un ‘welfare universale’ compatibile con le risorse economiche esistenti, senza un nuovo statuto di impresa che noi progettiamo e desideriamo libera e sociale. Tutto questo passa per un nuovo modello fiscale che desideriamo equo e progressivo. L’utile di impresa va integralmente detassato quando reinvestito e il prelievo sui redditi personali deve essere rigidamente progressivo favorendo le fasce basse di reddito.

In parallelo occorre lavorare alla riscrittura di molte norme e criteri di convergenza europei ad iniziare dalla possibilità di intervento della mano pubblica in economia per rilanciare la produzione in chiave antirecessiva soprattutto nei campi della innovazione, della ricerca e degli investimenti infrastrutturali di grande rilievo.

L’obiettivo finale è la riduzione della forbice inaccettabile e apparentemente inarrestabile tra ceti benestanti e ceti poveri con la conseguente distruzione del ceto medio cui stiamo assistendo impotenti. Parimenti sentiamo come compito irrinunciabile dare una prospettiva credibile alle generazioni ‘millenial’ che al momento appaiono destinate all’irrilevanza e che possono tornare protagoniste del futuro solo attraverso una concreta e seria politica economica espansiva.

Il nostro progetto prevede come primo passo iniziale, la realizzazione di un Convegno di carattere internazionale nel quale chiamare a confronto i più qualificati economisti e studiosi sulle tesi da noi proposte. Vogliamo mettere a punto nella concretezza e nella efficacia operativa, il modello che abbiamo appena abbozzato. Vogliamo che esso sia tradotto quindi in progetto politico e – ove possibile – elettorale di un nuovo soggetto di ispirazione Cristiana da costruire ex novo in ottemperanza ed in conformità a quanto previsto dal punto 555 del Compendio della Dottrina Sociale Cristiana. Non si devono disperdere ma vanno intercettati tutti i fermenti nuovi che vanno germinando nella società civile e vanno fiorendo nel volontariato cattolico.

Se vuoi unirti al nostro impegno saremo ben lieti ed onorati di accoglierti. Se lo desideri potrai meglio conoscerci tramite la lettura del nostro sito “www.convergenzacristiana.it” nel quale potrai trovare ulteriori informazioni sui principi e valori che ci caratterizzano e le opzioni possibili per sostenerci e collaborare alla celebrazione del convegno economico che abbiamo deciso di promuovere e che ti abbiamo appena illustrato. Puoi farlo vuoi aderendo alla nostra Associazione, vuoi semplicemente offrendo un libero importo finanziario, vuoi infine facendoci conoscere alle persone che ritieni possano dare un fattivo contributo.

Nel ringraziarti per l’attenzione prestata colgo volentieri questa occasione per inviarti un caro e cordiale saluto

 

Convergenza Cristiana 3.0

Il Presidente

Dott. Carlo Ranucci

Via degli Scipioni, 235 int. 2, 00192 Roma –  mail: presidente@convergenzacristiana.it

PROGRAMMA DI POLITICA ECONOMICA

  1. LAVORO E REDDITO. È finito il tempo dei proclami sul lavoro e la piena occupazione: il paradigma va capovolto per lasciare spazio alla nuova realtà caratterizzata dall’insufficienza del modello capitalistico a dare risposte adeguate ai bisogni della società. Occorre, oggi, partire invece dalla piena risposta a questi bisogni: ambiente, cura delle persone, recupero e valorizzazione del patrimonio esistente, manutenzione dei beni mobili e immobili pubblici e privati, ricerca scientifica pura e applicata, sviluppo della cultura e della creatività a tutti i livelli. Il comparto manifatturiero non vedrà una crescita occupazionale e quello agricolo andrà sempre più verso l’autoconsumo e lo sviluppo locale; la produzione di beni immateriali prenderà il sopravvento e, in Italia, occorreranno altri 8 milioni di posti lavorativi per cui bisognerà formare tempestivamente i nuovi occupati. Ciò sposta temi come il reddito di cittadinanza, inclusione o dignità a livello delle misure tampone, provvisorie e di emergenza. Ciò che contera’ nel prossimo futuro – che è già adesso – saranno le risposte che il nuovo sistema economico postcapitalistico (basato sul totale della domanda di beni e servizi della società) saprà dare.
  2. IMPRESA, LIBERA MA SOCIALE. Occorre rivisitare la teoria dell’impresa distinguendo nettamente tra reddito dell’imprenditore – che va tassato coi criteri della progressività – e reddito d’impresa che va completamente detassato quando esso sia destinato a investimento reale o a rafforzamento finanziario. Gli imprenditori potranno attribuirsi il reddito che vogliono, nei limiti del vincolo di bilancio (e su questo pagheranno un’aliquota progressiva, ragionevole, ma continua) e saranno sottoposti ad un controllo da parte di un organismo di autogoverno da essi stessi espresso. Bisogna lottare per portare le imposte indirette – a parte le esenzioni -ad un’aliquota unica del 10%, iniziando un ripensamento operoso delle accise.
  3. Le banche continueranno ad esercitare il credito nell’interesse della produzione, attenuando i criteri di Basilea, ma introducendo controlli di flusso che non consentano la creazione monetaria per le attività speculative, di sostegno ai consumi (escluso l’obiettivo di smaltimento delle scorte), di acquisto di immobili esistenti. Detti controlli o tracciabilità dei flussi in base alla funzione, restringerà la creazione di moneta ai soli casi di incremento dello sviluppo, rendendo, quindi, efficace la pur necessaria reintroduzione della separazione tra credito e finanza.
  4. DEBITO PUBBLICO. La riduzione del debito pubblico è basata sul mantenimento di bassi tassi di interesse e la continua riduzione della quantità di titoli in mano ai  possessori esteri. Le politiche di quantitative easing della BCE sono state utili in tal senso; ma urge la formazione di un’agenzia di rating europea o mediterranea, indipendente e seria, non come quelle esistenti, che, obbedendo ai cosiddetti poteri forti, distorcono la funzione di tali agenzie ed espongono gli Stati ed i risparmiatori privati a soprusi ed errori evidenti. Il debito pubblico, peraltro, deve continuare a svolgere la sua funzione di drenaggio del risparmio in eccesso nell’accordo – tra i ricchi e lo Stato – di contenimento dell’alternativo aumento della pressione fiscale. D’altra parte il debito è uno stock che va paragonato con gli altri stock come la ricchezza nazionale o il patrimonio pubblico, non con il flusso del pil; quest’ultimo, semmai, andrà paragonato al flusso degli interessi sul debito che sarà contenuto sia dal patto tra i ricchi e lo Stato, sia dalla politica monetaria.
  5. LA POLITICA MONETARIA E DI BILANCIO. I Trattati Europei hanno preso in esame la creazione di banconote e monete metalliche a circolazione e corso legale nell’intera eurozona; ma la moneta statale (biglietti, monete metalliche di altra pezzatura, elettronica) con cui lo Stato stesso ha omesso di esercitare la propria sovranità, appartiene ad una categoria del tutto diversa. Così lo Stato potrebbe emettere tanta moneta (non euro, non banconote) quanta ne serve per colmare il fabbisogno che si genera tra spesa e gettito. In questo modo, il Bilancio dello Stato sarebbe sempre in pareggio, tranne l’eventualità di coprire – con titoli del debito pubblico – una parte del fabbisogno mediante moneta già presente nel sistema. La doppia circolazione monetaria consentirebbe così alle amministrazioni di affrontare tutte le emergenti necessità sociali, rinviando il difficile dibattito sull’euro.
  6. In Italia i dipendenti pubblici sono solo il 5% della popolazione a differenza del 10% di Francia o Inghilterra; ciò spiega alcuni nostri ritardi e la disoccupazione giovanile soprattutto di laureati. Coprire un terzo del fabbisogno italiano di dipendenti pubblici significherebbe assumere un milione di giovani laureati con corsi concorso; ciò costerebbe circa 25 miliardi di euro all’anno…una percentuale modesta del nostro pil o della attuale spesa pubblica.
  7. La scuola italiana ha bisogno di urgenti interventi, abbandonando lo sterile schema aziendalistico e riassumendo la primitiva autorevolezza nella formazione dei cittadini. Per questo, le classi andrebbero ridotte ad una decina di allievi, consentendo anche un proficuo decentramento. La modernizzazione culturale richiede l’abbandono della logica individualistica e competitiva per centrare al meglio l’obiettivo opposto dello spirito di squadra e della cooperazione.
  8. Vanno rilanciate le grandi potenzialità del nostro mezzogiorno con una scuola ed un’università all’altezza dei compiti, socializzazione della ricerca applicata, liberalizzazione dei brevetti, know how, copyright e quant’altro, promozione di un turismo che leghi agricoltura locale, difesa dell’ambiente, recupero di tradizioni ed antichi mestieri, messa a reddito e ristrutturazione del patrimonio artistico, archeologico ed immobiliare esistente.
  9. Va affrontato il tema della sanità dove gli obiettivi di profitto debbono venir neutralizzati rispetto alla cura dei pazienti: maggiori e migliori risorse pubbliche, libertà di scelta, rafforzamento degli organismi di autocontrollo dei medici a costo di prevedere carriere separate tra personale sanitario operativo e di controllo.
  10. Un piano nazionale per rifiuti ed energia che consenta la massima economicità nell’introduzione massiccia di apparati ed organizzazione che portino rapidamente a rifiuti zero, recupero di materiali, inquinamento zero e produzione di energia pulita.
  11. Apertura verso quei Paesi che, a differenza dell’Unione Europea, stanno abbandonando le politiche deflattive proprie della priorità assegnata alle esportazioni per privilegiare, invece, lo sviluppo della domanda interna e la sostituzione di importazioni: nel caso italiano ciò significherà difendere il made in Italy, ma non esportazioni ottenute grazie ai bassi salari e all’aumento di disoccupazione. Mantenere la nostra alleanza con gli USA, ma aprirci di più a Cina, Russia, Iran denunciando – anche unilateralmente – tutte le sanzioni che rendono difficile il dialogo. Riprenderci un ruolo centrale nel Mediterraneo allo scopo di rilanciare le economie africane e mediorientali nell’ambito di un progetto generale di sviluppo senza il quale il tema delle migrazioni non può presentare soluzioni accettabili di nessun tipo.
  12. Istituzione di banche pubbliche a forte ispirazione internazionale che, a partire dalla Cassa Depositi e Prestiti guardino sia alle piccole imprese, sia ai grandi progetti di cooperazione continentale e transcontinentale.

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