L'Europa
Una proposta sull’ Europa deve tenere conto di quanto si sta sviluppando alla luce delle ultime vicende politiche internazionali e da alcuni fatti che stanno interessando i principali paesi dell’Unione.
A seguito anche delle dimostrate difficoltà dell’Unione europea ad indicare una via per la soluzione di scottanti problemi, quali quelli determinati dalla crisi economica e dal diffondersi della disoccupazione, dagli incontrollati flussi migratori, dalla grave situazione del Medio oriente e sulla sponda sud del Mediterraneo, con i conseguenti attacchi terroristici portati nello stesso cuore dell’Europa, si sono sviluppati larghi movimenti che puntano alla fine della esperienza comunitaria e, addirittura, all’uscita del Regno Unito con la cosiddetta Brexit.
A fronte di ciò, però, non possono essere sottovalutati alcuni elementi nuovi che pongono il dibattito sull’Europa sullo sfondo di un nuovo contesto internazionale.
L’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca spinge gli Stati Uniti su di una linea di revisione degli accordi internazionali in materia economica, fiscale ed ambientale, ad un mutamento degli equilibri internazionali che potrebbe incidere notevolmente sulla funzione ed organizzazione della Nato e sulla situazione mediterranea, di nostro diretto interesse.
L’istinto protezionistico espresso dalla nuova amministrazione Usa potrebbe, dunque, avere effetti importanti anche sulle singole economie nazionali europee, tra cui quella italiana, se non verrà ritrovato dall’Europa un rinnovato ed autentico spirito di collaborazione, convergenza e solidarietà. Quello spirit e quei progetti posti dai padre fondatori, in particolare dai cattolici Adenaur, De Gasperi e Schumann, alla base dello sviluppo delle nuove relazioni tra popoli e paesi del Vecchio continente.
Recenti fatti politici, comunque, possono spingere in una direzione nuova.
Le recenti elezioni in Olanda e in Austria mostrano, sia pure per linee generali, una reazione della pubblica opinione nei confronti di quanti lavorano aprioristicamente contro lo sviluppo del progetto europeo.
Anche il dibattito in corso in Francia e Germania, in vista delle loro prossime elezioni politiche, fa ritenere possibile la probabile sconfitta delle forze impegnate nella sollecitazione della pubblica opinione in una direzione dai forti accenti demagogici
Non è quindi da escludere che questo anno possa segnare il passaggio del dibattito sull’Europa da una impronta “ populista” ad una realista ed autenticamente popolare.
Molto dipenderà dalla spinta al rinnovamento della visione europea da parte dei gruppi dirigenti di prossima elezione in paesi cruciali per il processo d’integrazione. L’impegno deve andare nel definire nuove proposte dirette alla soluzione dei problemi di gestione dell’Unione e di sostegno allo sviluppo, nella consapevolezza che delle responsabilità delle classi dirigenti nazionali e di Bruxelles dimostratesi assolutamente inadatte ad avviare una mediazione tra i diversi interessi in giochi, tra cui quelli soverchianti espressi dai grandi gruppi finanziari multinazionali, puntando a favorire una reale politica di convergenza tra popoli e paei, soprattutto in materia di lavoro ed occupazione.
I vertici europei, anche se non mancano delle eccezioni, ad esempio nel campo della tutela dei consumatori ed il sostegno alla ricerca ed alle nuove tecnologie, sono stati complessivamente incapaci nel favorire il consolidamento di un autentica processo di partecipazione popolare finendo per svuotare nei fatti, invece, Parlamento e Commissione europea lasciando così libero campo alle scelte dei governi destinate, inevitabilmente, a seguire istanze limitate, parziali ed “ egoistiche”.
Non si tratta oggi di avviare un dibattito sulla forma della futura Europa. Se cioè le si debba dare uno sbocco federale, confederale o addirittura più unitario.
Ciò dovrà costituire il frutto di uno sforzo comune tutto da impostare. Destinato ad essere definito nella dialettica tra le capacità che le forze politiche, sociali e culturali, oltre che i governanti dei singoli paesi, sapranno mettere in campo anche per il sostegno dei legittimi interessi e necesità nazionali destinate non ad essere intesi come valore assoluto, ma neppure dimenticati ed oggetto di un mero scontro in cui finisca per predominare il più forte.
Riscoprendo il riferimento alle impostazioni dei Padri costituenti si deve superare ogni astratta indicazione ideologica e puntare sulla creazione di un’autentica “ comunità” di Popoli e Nazioni nel rispetto delle loro storie, lingue, tradizioni e sacrosante distinte indentità, consapevoli del fatto che queste costituiscono una ricchezza che il mondo ci invidia e non un peso da cancellare.
L’Italia deve fare uno sforzo particolare per definire una propria proposta abbandonando quell’atteggiamento che talune volte ha contraddistinto la nostra pur importante partecipazione ai processi europei, indicando ai posti di responsabilità dell’Unione personale dirigente capace ed animato dallo spirito d’impegno assieme per l’Europa e per gli italiani e non per interessi particolari, come spesso accaduto negli ultimi decenni, oppure, addirittura, per non partecipare affatto.
Le future maggioranze ed opposizioni del Parlamento nazionale dovranno essere capaci di lavore assieme per un proceso di tutela dei nostri interessi in un quadro di cooperazione e sviluppo comune con gli altri paesi, molto di più di quanto non sia accaduto nel passato.
Le difficoltà e gli errori in cui siamo incappati nel corso dell’ultima fase del cammino europeo, al di là di comprensibili reazioni emotive, devono essere riparati seguendo il senso di un costruttivo realismo di cui deve fare parte anche una profonda revisione dei Trattati, a partire da quelli dei parametri di Maastrict, dell’introduzione dell’Euro, della creazione della Bce e di tanti altri che sembrano essere diventate delle camicie di forza invece che strumenti per una crescita sostenibile ed equilibrate per tutti gli europei.
Non abbiamo bisogno di meno Europa, ma di un’altra Europa. Più democratica, più partecipata. Più consapevole di ritrovare il senso di una rinnovata presenza economica e politica nel contesto internazionale, anche per allargare quelle occasioni di pace ad altre aree cui sono mancate, invece, nel corso dei sei decenni trascorsi dalla firma dei Trattati di Roma.
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