La Dottrina sociale della Chiesa

le encicliche e gli interventi papali
La Dottrina sociale della Chiesa  è uno ” strumento di evangelizzazione” ( Centesimus annus ) che ha l’obiettivo di trasformare ” la realtà sociale con la forza del Vangelo” ( Compendio della Dottrina sociale della Chiesa del Consiglio pontificio Giustizia e Pace )

Il riferimento è al messaggio di Cristo del  Vangelo. Il collegamento è quello al millenario insegnamento dei Padri della Chiesa,  prima di tutti San Paolo, nell’occuparsi dell’uomo e del suo interagire con i propri simili, con la comunità in cui vive, con l’autorità, il potere, la ricchezza e la proprietà.

Questioni su cui  i Papi hanno cominciato ad intervenire in maniera organica dalla fine dell’800 per un’azione pastorale resa necessaria dalle nuove condizioni in cui si trova l’umanità  alla luce delle profonde trasformazioni  che vanno maturando in campo economico, sociale ed istituzionale.

I possenti cambiamenti intervenuti dopo la cosiddetta Rivoluzione industriale cominciavano sempre più a modificare in profondità quei paradigmi di riferimento che per secoli avevano caratterizzato consolidati equilibri istaurati nei popoli, nelle società, nei sistemi produttivi.

L’industrializzazione stava portando, inoltre, anche ad una evoluzione del pensiero politico il quale sempre più si arricchiva e spingeva verso una partecipazione attiva delle masse popolari, soprattutto quelle urbanizzate e coinvolte negli inediti processi industriali collegati alla nascita della fabbrica.

Il socialismo, il nichilismo, l’anarchia ed il luddismo trovavano  un terreno fertile tra i lavoratori costretti ad affrontare, improvvisamente, nuove relazioni con i capitani d’impresa e a fare i conti con il proprio sradicamento dal contesto in cui avevano tradizionalmente vissuto i nonni ed i padri, in gran parte contadini.

I problemi di quella fase storica non erano dunque solamente economici, perché diventavano soprattutto morali e  relazionali.

Tutto sembrava spingere verso un nuovo e più aspro confronto con i modelli imposti da una più soverchiante società di fronte a cui i singoli uomini e le singole donne si trovavano smarriti come non mai.

La Chiesa, a partire dalla Rerum Novarum di Papa Leone XIII, del 1891, opera una rivoluzionaria messa a punto della propria azione evangelica  e pastorale,  consapevole della necessità di dover rispondere alle vecchie e nuove sofferenze dell’essere umano. Un uomo ristretto nella dimensione di lavoratore salariato ed incapace a trovare un sostegno in quei superati punti di riferimento che per secoli erano riusciti a fornire, , comunque,  una risposta sociale e una  risposta di fede attraverso la famiglia, la comunità, rurale, la comunità religiosa.

Non è un caso che Leone XIII, ancora ” Papa Re”, Pontefice  confinato nel solo Vaticano, allarghi il suo sguardo al di là della cosiddetta ” questione romana” ed affronti quella universale dell’uomo suo contemporaneo.

Quelle di Leone sono inedite parole  sulla dignità del lavoro, sul giusto salario, sulle salvaguardia per donne e bambini, sulle responsabilità delle autorità verso i lavoratori, sulla necessità che le nuove dimensioni economiche e sociali degli individui non distruggano quei principi naturali su cui si basano le singole libertà, l’esistenza ed il ruolo della famiglia, il diritto all’associazionismo spontaneo. E con queste,  il diritto al riposo ed alla pratica religiosa.

L’importanza di questa prima enciclica sociale è confermata dalla continuità con cui tutti i successori di Papa Pecci, a volte in occasione di un anniversario della promulgazione della Rerum Novarum, si sono accinti  a riproporre e a rinnovare l’insegnamento sociale della Chiesa, negli oltre due secoli successivi, adeguandolo alle trasformazioni intervenute nel frattempo.

Ogni volta i Pontefici sono stati capaci di rinnovare la sollecitazione della Chiesa alla luce, e in risposta, dei mutati equilibri economici, sociali, istituzionali e politici facendo diventare la Dottrina sociale un vero e proprio strumento di lettura delle cose del mondo, dell’umanità che lo popola. Essi sollecitano le risposte più efficaci che politici avveduti e ragionevoli possono individuare per superare le divisioni nei popoli e tra i popoli; quelle inique divaricazioni innescate dai meccanismi economici e produttivi e capaci di provocare gravi conseguenze  istituzionali e sociali.

Con l’avvento delle visioni nazionalistiche e comuniste del periodo successivo alla Prima guerra mondiali e la Rivoluzione russa, una grande attenzione viene posta verso il ruolo dello Stato e dei suoi rapporti con la società civile e la persona sia da Pio XI, sia da Pio XII.

Un tema che ricorrerà, inevitabilmente, anche nei successivi interventi pontifici, anche a seguito delle profonde trasformazioni che lo Stato andrà assumendo soprattutto nella realtà democratica occidentale, dopo la Seconda guerra mondiale, quando si comincia ad avvertire che la dimensione dei fenomeni economici e sociali si svilupperà in modo da travalicare i confini dei singoli paesi e dei tradizionali blocchi  politici, fino a sfociare in quella che oggi chiamiamo ” globalizzazione”.

La lettura, allora, delle diverse encicliche giunge a delineare i diversi passaggi dei Pontefici nell’esame delle dinamiche del mondo moderno.

Si colgono e si avverte l’importanza delle trasformazioni intervenute nel corpo sociale grazie al mutamento degli equilibri economici, degli strumenti di produzione, all’erompere delle problematiche dell’ambiente, della demografia e dei crescenti fenomeni migratori. Si indaga anche sullo strapotere, che giunge ad obnubilare quello dei singoli stati e persino delle organizzazioni internazionali, dei gruppi multinazionale e dei centri finanziari responsabili non poco dell’allargamento della forbice tra ricchi e poveri.

Da quelle di fine ‘800, frutto dell’analisi di un’economia e di una società moderna ancora  alle prime armi, i papi giungono ad elaborare raffinate e complesse analisi, avvalendosi anche delle nuove scienze sociologiche, in cui resta un forte impegno pastorale efficacemente adeguato ai ” segni dei tempi”.

Di seguito, seguono i principali interventi pontifici che formano la Dottrina sociale della Chiesa.

Leone XIII
Rerum Novarum

Pio XI
Quadragesimo Anno

Pio XII
Discorso di Pentecoste del 1941

Giovanni XXIII
Mater et Magistra
Pacem in Terris

Paolo VI

Gaudium et Spes
Populorum Progressio
Octogesima Adveniens

Giovanni Paolo II

Laborem Exercens
Sollicitudo Rei Socialis
Centesimus Annus
Evangelium Vitae

Benedetto XVI

Caritas in Veritate

Il Consiglio Pontificio della Giustizia e della Pace

Papa Paolo VI, con un Motu Proprio pubblicato il 6 gennaio del 1967 (Catholicam Christi Ecclesiam), istituì la Pontificia Commissione “Justitia et Pax”, poi trasformata in Consiglio Pontificio della Giustizia e della Pace affinché “nel mondo siano promosse la giustizia e la pace secondo il Vangelo e la dottrina sociale della Chiesa (art. 142)”, per approfondire la Dottrina sociale della Chiesa ed ” impegnandosi perché essa sia largamente diffusa e venga tradotta in pratica presso i singoli e le comunità, specialmente per quanto riguarda i rapporti tra operai e datori di lavoro onde siano sempre più permeati dallo spirito del Vangelo”.
Il Consiglio ha svolto e svolge un importante compito nello studio ed analisi delle condizioni nel mondo del lavoro, sulla tutela delle donne e dei minori, sulle dinamiche del lavoro, dell’economia, della vita produttiva e dei moderni sistemi finanziari.

Tra le altre cose, il Consiglio ha pubblicato il Compendio della Dottrina sociale della Chiesa ( CLICCA QUA ) e, nel 2011,  il documento ” Per una riforma del sistema finanziario e monetario internazionale nella prospettiva di un’autorità pubblica a competenza universale” ( CLICCA QUA ) con il quale si auspica la creazione di ” un’Autorità politica mondiale” per il ” governo” della cosiddetta globalizzazione.

Sull’argomento si è poi rivolto, nel 2012,  al Consiglio Pontificio Benedetto XVI, secondo il quale  ” non si dovrebbe immaginare un superpotere, concentrato nelle mani di pochi, che dominerebbe su tutti i popoli, sfruttando i più deboli, ma che qualunque autorità deve essere intesa, anzitutto, come forza morale, facoltà di influire secondo ragione (cfr Pacem in terris, 27), ossia come autorità partecipata, limitata per competenza e dal diritto ( CLICCA QUA )”.

Anche Papa Francesco ha partecipato nel 2014 ai lavori del Consiglio Pontificio dell Giustizia e della Pace, sostenendo che la ” crescita delle diseguaglianze e delle povertà mettono a rischio la democrazia inclusiva e partecipativa, la quale presuppone sempre un’economia e un mercato che non escludono e che siano equi ( CLICCA QUA )”.

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