Passo dopo passo, ma non senza contrasti, va dunque prendendo fisionomia e corpo il progetto di un partito fortemente identitario e di chiara ed evidente matrice ed ispirazione cattolica, saldamente ispirato ai valori della Dottrina sociale della Chiesa e legittimato da coraggiosi programmi politici da essa desunti e derivati.
L’autunno è stata la stagione dei Convegni e, con essi, degli interrogativi, delle analisi e delle domande, e perciò delle certezze e delle incertezze.
Tra le certezze, va annoverata certamente quanto affermato dal Cardinal Bassetti nella prolusione inaugurale della 48 °settimana sociale di Cagliari “ Il mio sogno è quello di un grande progetto per l’Italia ispirato da quel clima di ricostruzione del Paese che aveva animato i Padri costituenti e tutta quella gente semplice che, dopo la Seconda guerra mondiale, o dopo i grandi disastri come l’alluvione del Polesine o il terremoto del Friuli, si è rimboccata le maniche ed in silenzio ha ricostruito il Paese casa per casa, strada per strada, scuola per scuola” .
E’ vero e lo sapevamo e lo avevamo detto. L’Italia ha bisogno di un grande progetto ideale e politico per essere ricostruita “ab imis” dopo il decennio della grande depressione.
Undici milioni di poveri sono lì a testimoniarlo e nulla dico di quanto ci racconta la Caritas Italiana ogni giorno.
Certo, avremmo desiderato che fosse stato anche detto che furono proprio i cattolici ed il loro partito di riferimento ad essere parte essenziale nel realizzare il miracolo del dopoguerra e che, dunque, anche ora, come allora, deve essere il partito loro chiaramente riferibile ad essere il protagonista ed il soggetto del nuovo progetto da realizzare.
Comunque è certo – ed è la seconda certezza acquisita – che il progetto di rinascita e ricostruzione auspicato e desiderato dal Cardinal Bassetti e da noi, non può essere raggiunto dal versante limitato e ristretto, sebbene più che nobile, della attuazione della Costituzione.
I tempi del referendum sono lontanissimi e nessuno si deve illudere che tornino. A Napoli si è visto.
Da ultimo, non può essere sottaciuto il fatto davvero sorprendente della inaugurazione della Sede della Democrazia Cristiana a Piazza del Gesù. Un avvenimento passato nel quasi totale silenzio della stampa “ compiacente”, ed invece altamente simbolico e che io voglio qualificare come una certezza. Una certezza per il futuro del cattolicesimo politico italiano garantito dal lavoro tenace e coraggioso dei suoi protagonisti, ‘in primis’ dell’ottimo e caro Gianni Fontana.
Ci sono però ancora molte incertezza da superare e che questo autunno ha ben disvelato, insieme al volteggiare nell’aria delle innocenti foglie morte dei maestosi platani romani.
La prima, è l’idea erroneamente data ormai per acquisita che nel mondo cattolico ci sia una divisione quasi insanabile e, comunque, difficile da superare tra “ cattolici morali” e “ cattolici sociali”. Pensavamo come Convergenza Cristiana 3.0 di aver spiegato ampiamente come la crisi economica che oggi viviamo abbia origini e cause in motivi etici e, viceversa, come la crisi economica e l’impoverimento progressivo di ampi ceti e fasce sociali abbia generato vistosi decadimenti morali.
Anche il professor Giannone lo ha brillantemente spiegato ed io non riesco a concepire, neanche concettualmente, un cattolico sensibile ai temi economici e sociali, che – è bene sottolinearlo – non sono certo quelli riconducibili al mero perimetro del rapporto capitale lavoro, e non sia invece sensibile ai temi etici, specie quelli non negoziabili; certamente non solo quelli generati dalla immigrazione incontrollata e priva di gestione politica.
Diciamo la verità. L’analisi è diversa. Chi si è fatto portavoce lodevolmente rigoroso anche in campo politico di temi etici e non negoziabili, è stato lasciato solo da chi doveva difenderlo, incoraggiarlo, sostenerlo e dunque si è arroccato in una posizione di difesa, di intransigenza, di isolamento, di rifiuto e di presunzione di autosufficienza.
I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Qui la irrilevanza elettorale e politica, lì la solitudine afona e senza frutti. E se si volesse cercare qualche conferma, inviterei tutti a riflettere sulla scarsità dei raccolti elettorali da un lato e la scarsa incidenza mediatica complessiva degli esiti della Settimana sociale di Cagliari nonostante gli sforzi nobili profusi.
Sì, occorre cambiare passo politico.
Ma vi è anche un altro errore da evitare, anche esso fonte di grave incertezze. L’irenismo ed il sincretismo politico che qua e là affiora nel corpo sociale del mondo cattolico, quasi uno sfogo cutaneo di mali nascosti e ben più gravi. Con la confusione non si va da nessuna parte. Lo si è intravisto sul piano pastorale. Lo si vede con chiarezza cristallina sul piano politico. E’ errore grave la banale semplificazione che vuole la politica come ‘marketing’ e che dunque ritiene che qualunque apporto inclusivo e “dialogante” sia da accogliere gioiosamente, purché porti voti. E’ esattamente il contrario.
La politica è testimonianza e promozione di valori e di idee che esigono forti e chiare convinzioni, le quali poi possono rimanere minoranza per lungo tempo, ma che, se chiare e coerenti oggi, sono destinate a divenire con certezza maggioranza domani. Sincretismi approssimativi e sintesi non chiaramente identitarie sono semplicemente sterili ed effimere. Men che meno sono in grado di far uscire il mondo cattolico dalla situazione di subalternità in cui è finito sia sul versante della destra, sia su quello della sinistra.
E qui si giunge alla sostanza politica delle cose e della situazione che ci è dato vivere, cioè al futuro dell’Italia e dell’Europa.
Rovescio decisamente il giudizio con il quale il direttore dell’Avvenire ha commentato nella edizione del giorno 9 Settembre l’ottimo e veramente illuminante articolo di Monsignor Simoni “ il quadro attuale mi fa ritenere improbabile la nascita di un soggetto politico unitario di ispirazione cristiana” . Il quadro attuale porta a conclusioni esattamente opposte, signor Direttore.
Chi è che può prendere per mano la situazione, ridare fiducia e far ripartire l’Italia? Chi è che può imporsi con autorevolezza morale in Europa per realizzare alfine una politica economica veramente sussidiaria e solidale, espansiva, antirecessiva e non egemonizzata da caste burocratiche potentissime e per di più non elette. Caste con evidenza asservite a logiche economiche di stampo calvinista, secondo le quali il povero non è benedetto da Dio, e dunque è giusto che rimanga povero e paghi tutti i suoi debiti per non essere venduto come schiavo, mentre il ricco è benedetto da Dio, e dunque è giusto che si arricchisca sempre di più e accumuli senza fine.
Per questi signori Il debito pubblico è un peccato gravissimo mentre l’avanzo commerciale è un segno della benevolenza divina. Quanta mortalità infantile è costata alla Grecia questo retro pensiero? Quante famiglie ha buttato sul lastrico la svalutazione interna imposta all’Europa e proprio nel lasso di tempo nel quale i mercati erano invasi da prodotti cinesi di scarsa qualità e dal prezzo irrisorio per il salario ridicolo dei lavoratori di quel paese frutto avvelenato di un dumping sociale senza precedenti.
Sommessamente credo che il riscatto del Paese possa essere costruito solo ed unicamente dai cattolici e dal loro soggetto politico di riferimento. Ma ad una condizione: che esso sia veramente e coerentemente un partito fortemente identitario ed autenticamente ancorato alle radici cristiane.
Un partito che elabori le linee guide del bene comune rimanendo fondato nelle soluzioni proposte dalla Dottrina sociale della Chiesa e dai suoi insegnamenti. Un partito che sappia essere intransigente, coerente in modo irrinunciabile ai principi ispiratori ed ai valori che essi incarnano, attento ai deboli ma aperto al nuovo. Un partito formato da una classe dirigente di cattolici coerenti per i quali la politica sia servizio disinteressato e testimonianza non mediabile, lontana da maneggi massonici e da poteri occulti. Un partito che sappia essere minoranza, e per lungo tempo, per essere poi domani maggioranza e guidare il paese nella rinascita verso il nuovo che ci attende. Un partito non liquido, e che dunque abbia senza mediocri discussioni nel suo nome la qualifica e l’aggettivo di ’cristiano’.
Deve far riflettere che una analisi omogenea a questa, che progetti similari e che idee non difformi da quelle che ho tratteggiato siano state ascoltate non nei numerosissimi Convegni della stagione delle foglie morte che ci ha appena lasciato. Sono stati ascoltati al taglio del nastro della nuova sede della Democrazia Cristiana. Deve far riflettere perché in altri lidi si sono sentiti discorsi assai diversi che ci riportano al passato e non certo al futuro. Discorsi propri di un cattolicesimo liberale che ha dato il meglio di sé in tempi assai lontani e, dall’altro versante, discorsi che rimandano addirittura alla solidarietà democratica, cioè ad un tempo irripetibile perché il partito comunista non esiste più. Discorsi che naturalmente rispetto ma che è impensabile possano essere la base di un rilancio del paese e strumento per invertire la rotta ed arrestare il deragliamento che è ormai dietro l’angolo.
Emilio Persichetti