Marine Le Pen ha recentemente rilasciato un’intervista al quotidiano cattolico francese La Croix sui rapporti tra Stato e Chiesa sostenendo di voler riportare la religione nella dimensione privata e giungere ad una società francese completamente “ secolarizzata” per “ lasciare a Dio quel che è di Dio e a Cesare quel che è di Cesare”.

La leader dell’estrema destra transalpina si è lamentata molto sia della Conferenza Episcopale Francese, accusata di fornire “ istruzioni politiche”, sia degli inviti all’accoglienza dei migranti lanciati ripetutamente da Papa Francesco.

Marine Le Pen ha detto: “ Non credo che le religioni dovrebbero dire ai francesi come devono votare”. Per poi aggiungere di sentirsi “ molto arrabbiata con la Chiesa”.

Riferendosi agli inviti alla carità verso i migranti, Marine Le Pen ha sostenuto che “ la carità non può che essere individuale” e che gli appelli papali impongono agli stati di andare contro gli interessi del popolo assumendo il carattere di vera e propria scelta politica e costituendo  una “ ingerenza”, giacché Francesco è anche il Capo di un altro Stato.

Le affermazioni della leader dell’estrema destra francese costituiscono, allora, l’occasione per alcune riflessioni che richiamano direttamente alla Dottrina sociale della Chiesa, al concetto di “ carità” e a quello della “ ingerenza” della Chiesa in materia. Richiamano, comunque, una questione reale, diventata scottante e capace di creare movimenti popolari incontrollabili, comunemente definiti ” populisti”, cui partecipano pure molti cattolici, ed emanazione diretta della incapacità decisionali dei gruppi dirigenti.

E’ vero che molto spesso ci si trova di fronte a strumentalizzazioni esagerate. Rafforzate però da una generale disaffezione verso la “ politica” e di facile presa a seguito di  una crisi economica capace di sollecitare vecchie e nuove spinte populistiche.

Un dato di fatto che, assieme ad altri elementi critici delle moderne società occidentali, richiede più che mai la presenza politica attiva dei cattolici per la definizione di nuovi modelli di sviluppo, basati sul buon senso, sul coinvolgimento popolare e, quindi, sulla volontà di giungere a più equilibrate scelte politiche ed economiche.

A leggere l’intervista di Marine Le Pen, comunque, sembra che gli appelli di Papa Francesco costituiscano una novità anche per lei che si definisce “ molto credente” e sostiene di “ non aver mai avuto dubbi”.

In realtà, numerosi pontefici hanno chiaramente affrontato la questione della “ carità” vissuta nei suoi aspetti sociali, non solo individuali.

A questo riguardo può essere utile una breve lettura dei passaggi più importanti che diversi interventi pontifici hanno significato al riguardo sviluppando in una dimensione sociale i doveri dei cristiani richiamati dall’Evangelista Marco con la famosa frase di Gesù: “Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l’unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. E il secondo è questo: “Amerai il prossimo tuo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più importante di questo » (Mc 12,29-31)

Come dice esplicitamente Paolo VI nella Populorum Progressio  ( CLICCA QUA ) , la “ carità” è diventata “ universale”.

Giovanni Paolo II ribadisce nella sua Sollecitudo Rei Socialis (V – Una lettura teologica dei problemi moderni, Giovanni Paolo II ( CLICCA QUA ) : “ La dottrina sociale della Chiesa. oggi più di prima, ha il dovere di aprirsi a una prospettiva internazionale in linea col Concilio Vaticano Secondo e con le più recenti Encicliche ’ perché  la carità ‘ si riferisce alla vita di ciascun cristiano, in quanto imitatore della vita di Cristo, ma si applica egualmente alle nostre responsabilità sociali”.

A proposito di Giovanni Paolo II, è interessante notare la lungimiranza con cui, già nel 1981, con la sua Laborem Exercens   ( CLICCA QUA ) affronta il problema della ” emigrazione per lavoro”, da noi oggi definita con un eufemismo ” emigrazione economica”,  per distinguerla da quella provocata da conflitti o da particolari situazioni in cui sono commesse gravi violazioni dei diritti umani. Papa Wojtyla sostenne: ” L’uomo ha il diritto di lasciare il proprio Paese d’origine per vari motivi – come anche di ritornarvi – e di cercare migliori condizioni di vita in un altro Paese”.

Le prese di posizione di Papa Francesco, allora, non devono stupire se non per il fatto che si collocano in un momento particolare, sullo sfondo della più drammatica vicenda vissuta nel Mediterraneo e nei Balcani nel corso degli ultimi due anni.

Le dichiarazioni della Marina Le Pen, assolutamente simili a quelle di altri esponenti politici europei, in Italia particolarmente Matteo Salvini, mentre si richiamano a talune posizioni  strumentali e, per certi versi persino irrealistiche, sottolineano comunque i ritardi delle istituzioni democratiche europee nel prevedere per tempo la portata di situazioni esplosive determinatesi, in particolare, nell’area del Medioriente e dell’Africa.

Oggi,  inoltre, tocchiamo con mano le conseguenze della pressoché totale cancellazione di quella politica della cooperazione che, dopo gli anni ’70, in Italia fortemente voluta da politici cattolici, aveva visto emergere la consapevolezza di avviare interventi direttamente nei paesi in via di sviluppo. Interventi  adeguati alla creazione di nuove classi dirigenti, occasioni di acculturamento e di sviluppo.

Una forte sfida per tentare di ridurre gli squilibri tra popoli e paesi, proprio mentre la globalizzazione iniziava ad abbattere barriere e a creare occasioni di conoscenza ed informazione in una dimensione mondiale. La globalizzazione, oltre che facilità di movimento di finanza e merci, ha significato un imponente movimento di persone e, soprattutto, di conoscenze ed idee.

L’Italia, nei paesi in cui era stata presente nella sua fase coloniale, ma non solo, aveva dato vita a progetti interessanti, soprattutto in campo sanitario ed agricolo, con la Cooperazione allo sviluppo. Un esempio oggi riscoperto e richiesto da tanti, senza che, però, si faccia concretamente molto in questa direzione.

Per quanto riguarda l’accusa di “ ingerenza” che Marine Le Pen muove alla Chiesa, giova ricordare quanto  i pontefici siano sempre stati chiari perché, come ha scritto Benedetto XVI nella sua Caritas in Veritate ( CLICCA QUA )“ la Chiesa non ha soluzioni tecniche da offrire  e non pretende « minimamente d’intromettersi nella politica degli Stati » . “ Ha però- precisa Benedetto-  una missione di verità da compiere, in ogni tempo ed evenienza, per una società a misura dell’uomo, della sua dignità, della sua vocazione. Senza verità si cade in una visione empiristica e scettica della vita, incapace di elevarsi sulla prassi, perché non interessata a cogliere i valori — talora nemmeno i significati — con cui giudicarla e orientarla”

A rileggere la Caritas in Veritate, sembrerebbe che l’attuale Papa emerito già volesse rispondere a tante affermazioni come quelle fatte da Marine Le Pen nei giorni scorsi. Non a caso scrive: “ Un Cristianesimo di carità senza verità può venire facilmente scambiato per una riserva di buoni sentimenti, utili per la convivenza sociale, ma marginali. In questo modo non ci sarebbe più un vero e proprio posto per Dio nel mondo. Senza la verità, la carità viene relegata in un ambito ristretto e privato di relazioni. È esclusa dai progetti e dai processi di costruzione di uno sviluppo umano di portata universale, nel dialogo tra i saperi e le operatività”.

I cattolici, anche per questo,  sono chiamati ancora una volta a far sentire la loro voce in politica strutturandosi in maniera unitaria, la sola maniera capace di  dare rilevanza alla voce stessa, consapevoli che solo una visione realistica, ma globale dei problemi possa portare ad una loro significativa soluzione.

Giancarlo Infante

 

 

 

 

 

 

 

 

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