Le ragionate esposizioni del Prof. Galloni meritano alcune brevi considerazioni.
Indubbiamente lo Stato per tener fede alla sua funzione regolatrice ha il dovere di intervenire al fine di evitare gravi disfunzioni di sistema, anche in favore di categorie diverse dagli istituti di credito, ma per fare ciò deve poter contare su risorse finanziarie adeguate. Ciò è quanto manca oggi all’Erario, sia a livello centrale, sia locale e quindi per sopperire a tale carenza occorre intervenire urgentemente con una diversa politica fiscale.
In tal modo si potranno recuperare risorse accumulatesi in eccesso in taluni ambiti ed iniettarle in settori ad alta precarietà ai fini di una sana ed equilibrata gestione del bene comune.
I tentativi a macchia di leopardo effettuati in questi tempi, puntando su interventi occasionali al di fuori di un piano organico di riordino fiscale, non hanno modificato i fondamentali dell’economia se non in termini di insignificanza percentuale.
Si osserva anzi che l’inconsistenza di dette misure, ben conosciuta dai responsabili politici che ne hanno taciuto gli effetti per motivi elettorali, ha contribuito a mascherare la pesante realtà di certe situazioni, come nel mondo bancario.
In quest’ultimo ambito si è aggiunto poi, in senso negativo, il pesante fardello costituito da un’attività delle Autorità deputate al controllo giudicata dai più, alla luce delle evidenze, come svolta in modo poco “smart” e da una perplessità di fondo legata alla proprietà della banca centrale detenuta dalle stesse banche private.
Non vi è dubbio che il sistema bancario sia uno dei comparti più rischiosi per un sistema economico in quanto dalla destabilizzazione dello stesso può derivare un effetto a cascata dalle indeterminabili conseguenze negative. Ciò è ancor più vero nel nostro Paese – ed anche nel nostro continente – il cui assetto economico è molto incentrato sul sostegno bancario sino a essere appellato “banco centrico”.
Tuttavia va detto anche che la fiducia e il merito si conquistano con i fatti e non mostrando semplicemente il distintivo.
Gli avvenimenti intervenuti in Italia negli ultimi tempi lasciano molti dubbi sul credito del nostro sistema finanziario. L’opacità di certe situazioni non ancora risolte e che forse mai si risolveranno – si ricorda ad esempio il suicidio di Rossi di MPS – riconducibili ad intrecci tra politica e finanza, nonché la scarsa correttezza, per usare un eufemismo, di certe campagne di vendita di titoli al pubblico non depongono certo a favore del merito del sistema bancario. Anche di questo occorrerà tenerne conto nel prosieguo.
Il rilievo che l’esiguo volume dei derivati in possesso delle banche italiane e conseguentemente la scarsa attività speculativa dalle stesse svolte sia da considerare positivamente ai fini di una buona tenuta del nostro assetto finanziario è sicuramente corretto, sia in termini assoluti, sia soprattutto in rapporto agli analoghi indici delle banche europee.
Una diversa politica gestionale ci avrebbe causato danni ben maggiori di quelli che stiamo faticosamente tentando di superare. Peccato però che a tale a tale comportamento virtuoso si sia contrapposta una politica diametralmente errata di investimento in derivati da parte del Tesoro.
Questo infatti, nell’intento, peraltro concettualmente lodevole, di difendersi da una ipotizzata futura crescita degli interessi sui titoli che per il nostro Paese ad alto debito pubblico sarebbe stata di forte gravità, si è avventurato in una serie di incaute operazioni in derivati che hanno generato perdite di circa 24 miliardi dall’inizio della crisi in quanto le previsioni di crescita si sono nella realtà tramutate in diminuzione e quindi in perdita finanziaria secca.
I benefici per il nostro debito pubblico derivanti dalle manovre accomodanti della BCE – cd. “quantitative easing” – sono stati totalmente annullati. Non si ha notizia ovviamente di alcuna spontanea ammissione di responsabilità da parte di organi del MEF né di dimissioni che doverosamente dovrebbero essere presentate – od anche richieste – da chi ha completamente sbagliato i calcoli previsionali oppure ha agito senza la dovuta competenza o perizia. Altra materia, quella della responsabilità sullo svolgimento degli affari istituzionali, sulla quale è assolutamente necessario intervenire normativamente al più presto.
Carlo Ranucci