Giuseppe Donati è stato uno dei più alti esponenti della cosiddetta corrente degli ” intransigenti” cattolici. Chiamato da don Luigi Sturzo a fondare e dirigere Il Popolo, Donati si distinse particolarmente nella battaglia contro il fascismo e provò anche a dare vita ad un governo alternativo a quello di Mussolini, basato su un accordo dei popolari con i socialisti di Turati.
Donati fu l’artefice della denuncia del regime mussoliniano quale diretto responsabile del sequestro e l’uccisione di Giacomo Matteotti CLICCA QUA. Per questo fu costretto all’esilio, prima in Svizzera e, poi, a Parigi, dove morì in povertà nel 1931 al ritorno da Malta.
Sul periodo vissuto nell’isola mediterranea ha condotto degli approfonditi studi il professore maltese Giorgio Peresso, autore del volume ” Giuseppe Donati and Umberto Calosso. Two Italian anti-fascist refugees in Malta”. Per Convergenza Cristiana, il prof. Peresso ha scritto l’articolo che segue sulla presenza di Donati a Malta.
Giuseppe Donati da giovane ha abbracciato il movimento di Don Romolo Murri, la Lega Democratica Nazionale. Dopo la rottura con Murri fu uno dei fondatori con Eligio Cacciaguerra della Lega Democrazia Cristiana Italiana.
La fine della Grande Guerra provocó grandi progetti di audacia spericolata. Don Luigi Sturzo lanció il Partito Popolare Italiano nel 1919.
Mentre una fazione della Lega confluí nel movimento di Sturzo, Donati non aderí subito. Ma a tempo debito, Sturzo riuscì ad attirarlo nel sua orbita, lanciandolo nel 1921 come candidato per gli elettori di Venezia-Treviso.
Sturzo aveva molto fiducia in questo giornalista promettente e coraggioso; scegliendolo come direttore del nuovo giornale Il Popolo, apparso per la prima volta nel 5 Aprile 1923.
Il sodalizio in Italia tra Sturzo e Donati duró poco. Don Luigi, infatti, fu costretto a lasciare il paese il 25 ottobre 1924, mentre Donati lo seguì il 12 Giugno 1925 con il collega giornalista Guido Armando Grimaldi, con destinazione Parigi.
I due, però, mantennero una fitta corrispondenza destinata a durare fino alla scomparsa prematura di Donati, del 16 Agosto 1931. Comunque, si incontrarono nel settembre 1930 a Londra dove tramite un amico di Carlo Sforza, il professor Angelo Crespi, Donati trovó impiego come professore d’italiano in un collegio inglese a Malta.
Dopo questo incontro, Sturzo si interessò di curare tutti i dettagli per il trasloco a Malta del suo diletto amico. Per Donati occorreva cambiare la vita di girovago che era stato costretto a fare per circa cinque anni, cominciando dalla guardaroba. Ci voleva un signore raffinato per un collegio rigidamente anglosassone.
Il generoso Sturzo forní al suo seguace dei consigli fraterni sul come comportarsi su quell’isola, chiamata da alcuni British Malta, mentre per altri era la Malta Italica, e gli procurò anche i mezzi finanziari per vivere dignitosamente, almeno durante la prima fase del soggiorno a Malta.
Tuttavia, Donati non fu destinato a rimanere solo a Malta perché, appena sbarcato a Malta, ricevette la visita di due professori di italiano: il futuro deputato democristiano Arnaldo Fabriani (proveniente dagli Abruzzi, futuro Costituente, e parlamentare nella I e nella II legislatura repubblicana) e Giuseppe Manfredi, destinato a diventare, alla fine dell’ultima guerra, segretario provinciale della Democrazia Cristiana di Cremona.
Fino alla partenza di Donati da Malta, nove mesi più tardi, Fabriani divenne il punto principale di riferimento per l’ex direttore de Il Popolo.
Al principio, Donati fu determinato a rimanere estraneo alla incandescente politica maltese. Di fatti aveva scritto al suo maestro, don Sturzo: “ Io ho promesso e farò il possibile ben volentieri per non lasciarmi agganciare da nessuno, ma per questo devo andare con i piedi di piombo”.
Poi, non ha mantenuto l’impegno perché ha afferrato istintivamente nella polemica sull’italianità di Malta la stessa prospettiva politica promossa dalla linea mussoliniana
Appena cominciò a lavorare nel collegio St. Edward’s, Donati iniziò con entusiasmo ad abituarsi al tranquillo ambiente dei dintorni rurali. A lui piaceva la vita all’istituto perchè molto organizzata e con un clima lontano dai litigi dei circoli antifascisti di Parigi.
A Malta fu sorvegliato dal consolato italiano e i suoi movimenti venivano costantemente controllati e segnalati a Roma.
Un suo allievo, Maurice Micallef Eynaud lo ricordò come “ un uomo gentile, pieno di umorismo, molto ammirato da tutti perché era simpatico, nonostante le condizione cattive condizioni di salute”.
Fabriani lo portava con sé ovunque andasse. Spesso s’incontravano in un caffè al centro della Valletta con altri amici maltesi di sventura – une génération perdue. Parlavano a lungo. Secondo il racconto di Fabriani si trattava di “ interminabili monologhi, sempre interessanti e spesso divertenti perchè Giuseppe Donati non aveva solo la virtù di uno scrittore di razza, ma possedeva una loquela ammaliatrice e una eccezionale comunicativa”.
Il capo del partito nazionalista italofono, Enrico Mizzi riuscì ad essere molto persuasivo con Donati e lo convinse a collaborare con il suo giornale, il Malta, spesso biasimando il suo stesso datore di lavoro, Lord Gerald Strickland.
Chiaramente, gli scritti furono anonimi perchè Donati non poteva utilizzare a firmare in un giornale finanziato dal governo fascista. Dopo la sua morte questi articoli furono raccolti in un libro, “ In difesa della civiltà Italiana a Malta” e fatti circolare dall’apparato propagandistico fascista. Durante il soggiorno maltese, Donati ha anche prodotto un dramma teatrale intitolato Bufera con un pseudonimo che portava il nome del suo defunto figlio, Guido Picci.
Donati aveva una grandissima fiducia nei confronti di don Sturzo al quale giunge a scrivere: “ Confido a te come spesso faccio al confessore”.
Sfogliando le lettere scritte da Sturzo a Donati, d’altro canto, si vede il rispetto riservato dal fondatore del Partito Popolare nei confronti del suo fedele seguace.
Sturzo dava consigli e si preoccupava molto per la sorte del suo sfortunato amico. Spesso Sturzo rimprovó amichevolmente Donati quando questi non rispondeva puntualmente alle sue lettere. I due amici soffrivano, entrambi, molto di nostalgia per la madre patria.
Del resto, come ebbe modo di scrivere il Senatore Vittorio Cervone, Don Sturzo era un politico raffinato, ma anche il sacerdote di Dio che si impegnava costantemente nel riempiere la solitudine degli altri.
A Giuseppe Donati, le coste siciliane sembravano tanto vicine, ma nello stesso tempo molto lontane perché irraggiungibili a lui che era un fuoruscito.
Sturzo fantasticava per la sua amatissima Sicilia. Ha scritto a Donati: “ Se a occhio nudo o con qualche piccolo cannochiale guardi la Sicilia, me la saluti da parte mia. C’e un punto che si vedrà da Malta: una montagna isolata. E’ Caltagirone. Come la vedo in sogno! “.
A Donati piaceva concludere il suo costante saluto al suo “ confessore”: “ col pensiero un po’ di questo bel sole e di questo bel mare siciliano”.
Donati non riuscì mai a vedere la Sicilia. Peró ha nominato la finestra della sua camera la “ finestra siciliana”.
Aggiungeva Donati: “ qui la Sicilia si sente come la divinitá – per visibilia ad invisibilia”. Pero Sturzo da Londra non aveva la minima speranza di vedere la propria terra. Però il suo interesse per le vicende italiane fu assiduo, seguendole tramite i giornali e le notizie che gli giungevano dai dispersi che formavano la diaspora cattolica all’estero. Una volta, Sturzo chiese a Donati informazioni circa un violento uragano abbattutosi sulla Sicilia.
Don Sturzo conosceva la situazione scottante che agitava la chiesa Maltese (filo-italiana) a confronto con il potere politico “italiofobo” locale. Valutava il contesto come “l’altro uragano”. Donati si trovava bene a Malta, molto rispettato dagli alunni, amici, colleghi e sopratutto dal Rettore del St. Edward’s. Scrisse alla sorella Carolina: “ Mi pagano con l’oro, ma non sono felice, perché mi mancano le mie creature”.
Il fuoruscito Donati si sentiva frustrato con l‘ambiente di litigio esistente tra vari esponenti della migrazione antifascista di Parigi, spesso animati da polemica anticlericale. Donati anche a Malta, tramite Sturzo, restò al corrente sulla situazione e giunse ad una amara conclusione: “Di politica non me occupo assolutamente piú; e quel che avviene in Italia mi é indifferente”.
Donati a proposito collegio dove insegnava, aveva trovato la biblioteca del collegio e il programma di studio arcaico. Quindi Sturzo lo rifornì di libri. Particolarmente quelli scritti da suo fratello Monsignor Mario, vescovo di Piazza Armerina.
In particolare, l’opera che s’intitolava “ Elementi di letteratura” e che trattava le norme generali per la buona composizione, la buona lettura, la scrittura narrativa, la prosa, le rime di poesia; insomma, tutti gli strumenti utili per un buon insegnamento della lingua italiana. Aggiungerei, che dopo quasi cent’anni, certi principi didattici espressi dal vescovo di Piazza Armerina sono ancora validi.
Nonostante l’apparente disinteresse di Donati, Sturzo continuò comunque a dare al suo amico il proprio parere su diversi argomenti che turbavano il suo stato d’animo. Come ha scritto lo storico, don Gabriele De Rosa, Sturzo si sentiva “ destinato all’ingrata missione di profeta disarmato e inascoltato”.
Così, Sturzo informava l’esule del suo sdegno nei confronti dell’Osservatore Romano a seguito della persecuzione fascista contro l’Azione Cattolica. I fascisti non vedevano di buon occhio la celebrazione del quantantesimo anniversario del Rerum Novarum e tentarono di vietare il congresso del FUCI. La reazione del giornale del Vaticano fu limitata ad una semplice raccomandazione ai fucini di avere un pò di pazienza.
Sfogliando l’epistolario Donati-Sturzo emerge che le condizioni del direttore del Popolo erano drammatiche sotto ogni punto di vista. Donati viveva in uno stato di continua malinconia paralizzante perché le precarie condizioni di salute, da ex-tubercolotico, e di sofferente di cuore aggravavano il suo pesante calendario scolastico. Allora, così, si rivolgeva a Don Luigi anche per affrontare i suoi problemi di salute. Sturzo ne parlava con l’amico e medico curante, Michele Sicca il quale prescriveva delle ricette. In un caso particolare, Donati informò “ il suo medico postale”, cioé Sturzo, che la ricetta raccomandata per la tosse ha avuto un certo effetto calmante.
A mana a mano che il tempo passava, le condizioni di salute di Donati peggioravano sempre di più. Egli sperava di poter tornare sul continente agli inizi delle vacanze scolastiche, per i primi di luglio 1931. Sturzo invitò Donati a raggiungerlo a Londra, ospite per tre settimane dell’amico dottor Sicca perché, Scrive Sturzo: “ farebbe le iniezioni o altra cura adatta alle tue condizioni fisiche”. Sturzo informò l’amico anche di aver già organizzato un periodo di riposo nella casa di campagna dell’amico Crespi. In ogni caso, ripeteva a Donati i consigli del medico Sicca affinché si nutrisse adeguatamente.
Il soggiorno maltese fu molto faticoso per Giuseppe Donati. Il suo successore al collegio St. Edward’s, il socialista Umberto Calosso, confermò che l’aggravio cui era sottoposto lo ha letteralmente ucciso. Il tremendo clima mediterraneo, quasi africano, non aiutò molto la salute di Donati. Così, anche a causa delle sue delusioni e la sua solitudine, restò infatti con pochissimi amici, la sua permanenza a Malta divenne “ un esilio dentro l’esilio”.
Egli, così, Donati sperava di raggiungere Parigi. Per primo, si diceva ” che un po’ di buona cucina nostrana mi rimetteró meglio”. Ad eccezione delle fettuccine “ quasi romagnole” che mangiava dai Fabriani, Donati giudicava la cucina anglo-maltese di un insipiditá esasperante.
A Parigi conosceva la casa dell’altro esule popolare, l’amico Giuseppe Stragliati, come un vero e proprio rifugio per gli emigranti politici italiani.
Alla fine il valoroso Donati entrò in uno stato confusionale. Si ammalò gravemente. Alle fine fu rassegnato al proprio destino crudele, nonostante riuscisse a raggiungere la capitale francese.
Morì dopo un’agonia di sei settimane assistito da un prete faentino Monsignor Costantino Babini e con la sua scomparsa, svanì anche l’idea di son Luigi Sturzo di dare vita ad un Partito Popolare in esilio.
La morte di Giuseppe Donati fu una grande tragedia per la moglie Vidya anche perché nella sua penultima lettera alla moglie egli si diceva ottimista nel rendere il suo soggiorno al St. Edward’s il più lungo possibile. Arnaldo Fabriani nel 1976, a distanza di molti anni dalla morte di Donati scisse: “ Non è possibile rievocare la figura di Giuseppe Donati senza provarne intesa, profonda commozione. Chi l’ha conosciuto e gli è stato amico non può assolutamente dimenticare la vivacità e acutezza della sua intelligenza, la sua vasta e profonda cultura, l’intrepidezza del suo carattere, il suo cristiano e italianissimo modo di sentire”.
Giorgio Peresso