Quasi in simultanea, Convergenza Cristiana pubblica una riflessione sull’Europa, a firma del professor Giuseppe Sacco ( CLICCA QUI ) ed un’altra sulla questione dell’immigrazione a firma del teologo, padre domenicano Giovanni Cavalcoli. 

Il tema immigrati si presenta come un potenziale detonatore della crisi dell’Unione, visto che un po’ dappertutto, a partire da Germania ed Italia, è oggi la questione per eccellenza, anche in vista delle prossime elezioni europee del maggio 2019.

E’ doveroso affrontare  questioni tanto importanti che, nella prospettiva di padre Cavalcoli,  vanno ad inserirsi con tutta la loro ricchezza nell’ampio confronto apertosi all’interno della Chiesa su un tema tanto importante e dalle conseguenze tanto vaste.

Ci permettiamo solo di aggiungere la constatazione che, dopo aver parlato dell’accoglienza,  come uno dei doveri primari dei cristiani, Papa Francesco ha anche precisato che essa non può che essere gestita dai governi sulla base delle loro capacità e possibilità. Lo ricorda anche il professor Sacco nel suo intervento.

E’ ovvio che l’accoglienza non debba essere lasciata senza criteri e precise valutazioni realistiche, cose fino ad oggi mancate o insufficientemente valutate. Ma questo è questione che, giustamente, deve essere lasciata solamente alla valutazione delle autorità politiche di ciascun paese.

Con la speranza che il tutto venga gestito non sulla base di un calcolo elettorale, ma tenendo conto dei principi che stanno alla base del rispetto del diritto delle donne, uomini e bambini coinvolti drammaticamente in fenomeni più grandi di loro.

Di seguito, l’intervento di padre Giovanni  Cavalcoli, dal titolo ” La questione degli immigrati”

Un fenomeno in aumento

In questi ultimi decenni è aumentato il numero di persone, che, da vari Stati africani, mediorientali ed asiatici, soprattutto di area musulmana, immigrano o tentano di immigrare in Europa. Agli inizi, qualche decennio fa, il fenomeno fu abbastanza tranquillo. La cultura europea, soprattutto nell’Europa del centro-nord – Inghilterra, Belgio, Olanda, Germania, Francia – si concepiva come multietnica secondo una visione liberale che dava spazio alla tolleranza, mentre le industrie europee avevano bisogno di mano d’opera. In tal modo milioni di  extracomunitari si sono integrati ed hanno acquistato la cittadinanza nei rispettivi Paesi del loro insediamento.

È comprensibile che gli approdi di sbarco europei più vicini incontrati dagli immigrati, provenienti soprattutto dall’Africa, fossero le coste italiane. Ma per molti anni questi immigrati considerarono l’Italia un semplice luogo di passaggio, in vista di andare più a nord, dove essi speravano di trovare una migliore sistemazione.

E così effettivamente è avvenuto che in alcuni Paesi, come in Inghilterra e in Belgio, gli immigrati musulmani abbiano cominciato a formare delle comunità vieppiù crescenti, autonome, con propri centri religiosi, educativi e commerciali, praticando un proprio stile di vita, con un’eccessiva indipendenza, non senza il sorgere di fenomeni malavitosi, incompatibili con i costumi e le leggi del Paese ospitante. Da qui nascenti frizioni, che però solo in anni recenti hanno cominciato a trasformarsi in moti sovversivi, che sono giunti fino al terrorismo.

Il fenomeno migratorio negli ultimi anni ha altresì assunto un nuovo aspetto preoccupante, soprattutto ai danni dell’Italia. Oltre infatti ad essere aumentato il numero delle persone richiedenti asilo o soccorso da noi, con l’intenzione di restare, è iniziato il fenomeno tragico ed intollerabile dei morti in mare per la inadeguatezza delle imbarcazioni fornite ai profughi da organizzazioni truffaldine o clandestine o illegali sfruttatrici e infedeli alle promesse.

In secondo luogo è sorta la grave e complicata questione per le autorità italiane e per le organizzazioni di soccorso di formare centri di raccolta ed assistenza e di fare un vaglio o una  verifica, caso per caso, della veracità ed affidabilità di queste persone, e quindi dei loro effettivi doveri e diritti, una volta accolti nel nostro Paese.

Persone, queste, quasi sempre di sesso maschile, di sana costituzione, senza famiglia, di età dai venti ai quarant’anni, spesso sprovviste di documenti, ignare dell’italiano, supposte in fuga da territori afflitti da varie sciagure, come la guerra, la dittatura e la carestia. Alcuni si domandano: dove sono i familiari? Chi è che ingaggia queste persone? Chi autorizza l’azione degli scafisti? Si comprende allora quanto difficile e complessa sia da parte delle autorità la verifica della credibilità e delle buone ragioni di questi soggetti, giunti da noi in questi anni all’improvviso a decine di migliaia.

Come verificare per ogni caso che si presenta se si tratta di veri rifugiati o perseguitati o bisognosi, pronti a cercar lavoro nel rispetto delle nostre leggi, degni per questo di ogni comprensione e sostegno, anche se di religione islamica, ovvero si tratta di poveri turlupinati da organizzazioni mafiose o avventurieri sfaccendati, magari in contumacia o con sentenza giudiziaria a loro carico nel loro paese, scansafatiche aspiranti a farsi mantenere e magari pronti al delitto e alla sovversione, o emissari segreti dell’Islam col mandato di convertire sotto minaccia gli infedeli cristiani?

C’è da considerare inoltre che l’Europa, fino a pochi anni fa, era riuscita a tener sotto controllo l’enorme flusso migratorio; ma l’improvvisa, drammatica esplosione del terrorismo islamico di questi ultimi anni, soprattutto in Spagna, Francia, Germania, Belgio ed Inghilterra, ha costretto le nazioni europee a più rigidi controlli alle frontiere se non proprio a chiuderle e le ha indotte a praticare parecchie espulsioni soprattutto di attivisti islamici.

Succede così adesso che gli immigrati che giungono in Italia dobbiamo tenerceli noi, con evidente superaggravio dei compiti delle nostre istituzioni assistenziali, che per giustizia dovrebbero occuparsi innanzitutto dei bisognosi nostri connazionali.

Opportuni provvedimenti

Si comprende allora la linea del nostro governo, tesa a chiedere alle altre nazioni dell’Unione Europea un’adeguata collaborazione con noi Italiani, che comprensibilmente siamo il più vicino terreno d’approdo, benchè poi non si vede perchè navi di Paesi non italiani, che raccolgono o trasportano gli immigrati, non potrebbero e dovrebbero attraccare ai porti spagnoli, francesi greci o albanesi o maltesi, anche se in vista di ulteriori spostamenti in territorio europeo.

Così pure le organizzazioni umanitarie, che si prendono cura degli immigrati in mare, svolgono certamente un servizio utile, ma devono poi lasciare alle autorità  competenti la decisione di chi accogliere e chi rimandare in patria o sottoporre a procedimento penale. Così pure devono fare attenzione a non lasciarsi strumentalizzare o coinvolgere nell’attività malavitosa che, sotto pretesto di accontentare chi vuol espatriare, organizza qualcosa che assomiglia all’antica tratta degli schiavi.

Molti immigrati che vengono da noi con la speranza di far la vita comoda farebbero meglio a dare un contributo ad innalzare la vita economica del loro Paese, le cui autorità si lamentano di questa irragionevole fuga di forza-lavoro. Per questo, sono auspicabili accordi tra il nostro Paese e quei Paesi, al fine di un reimpatrio di questi soggetti, ai quali venga offerta una concreta possibilità di lavoro.

Ma anche gli Stati dai quali gli immigrati provengono dovrebbero favorire la democrazia od organizzare meglio la loro economia, magari grazie ad aiuti da parte dell’Europa, in modo da impedire il fenomeno dell’emigrazione. Ovvero, sempre grazie ad opportuni accordi internazionali, l’emigrazione dovrebbe esser organizzata in modo che chi va in un altro Paese sappia già in partenza che potrà dare quel determinato contributo, del quale egli è capace e del quale quel Paese ha bisogno, per non partire alla ventura, senza piani e senza assicurazioni di lavoro.

C’è sì, certamente, chi trova lavoro e si inserisce dignitosamente nella nostra società e mette su famiglia. Ma purtroppo in tanti casi gli immigrati  o vengono sfruttati o si danno alla malavita o vengono fanatizzati da predicatori islamici. Gli Stati dell’emigrazione e quelli dell’immigrazione devono pertanto adoperarsi per far cessare l’attuale immigrazionismo selvaggio e scriteriato, che fa solo il danno dell’immigrato e del Paese che lo ospita e disonora il Pese d’origine.

Testimoni di Cristo

Bisogna dire anche che la presenza di immigrati musulmani nei nostri Paesi deve attivare in noi cristiani la consapevolezza che Cristo è venuto a salvare anche loro e che quindi anche a loro è aperta la via della salvezza in Cristo. L’esercizio di fruttuosi scambi interreligiosi e la pratica della libertà religiosa non devono dar luogo in noi a un comodo atteggiamento rinunciatario o addirittura scettico sulla possibilità della loro conversione a Cristo.

Non possiamo  infatti dimenticare che Dio vuol servirsi di noi cristiani per condurre a Lui anche i musulmani. Se questi mettono tanto zelo nel voler convertirci al Corano, che cosa non dovremmo fare noi, ai quali si è donato Colui che ha detto di Sè: «Io Sono la Verità»? [Gv 14,6].

Nessuno nega d’altra parte che tanti di questi immigrati possano arricchire e migliorare la nostra cultura, i nostri costumi e la nostra stessa pratica religiosa. È edificante, per esempio, vedere i musulmani in preghiera o praticare il ramadan. È noto come i popoli evolvono anche grazie alla mescolanza con altri popoli, purchè ciò avvenga nella pace e nella mutua collaborazione.

Soluzioni illusorie

D’altra parte, la grave e complessa questione dell’immigrazione non si risolve con un generico ed indiscriminato richiamo all’«accoglienza», né con un atteggiamento di infastidita o paurosa chiusura.  Come tutti i grandi fenomeni umani collettivi, il fenomeno in questione congiunge il benefico al pericoloso, mescola le proposte alle minacce, i rischi alle opportunità, l’integrazione alla disgregazione, l’arricchimento all’impoverimento, i vantaggi agli svantaggi, le sollecitazioni alle tentazioni, le gioie alle sofferenze. Soprattutto ricordiamo che ognuna di queste persone è un caso a sè, con una propria personalità, una propria storia, pregi e difetti propri. E quindi va trovata una soluzione caso per caso, tenendo conto dei princìpi e dei criteri che ho enumerato.

Il Papa e i vescovi modernisti mostrano, su questa questione di gravissima rilevanza umana, pastorale e vorremmo dire epocale, una riprovevole superficialità, sordità ed unilateralità, improntate al più ingenuo buonismo e a un  falso misericordismo, del tutto ignari delle astuzie e delle perfidie che i musulmani, oggi più che mai potenti, hanno sempre adottato per poter conquistare l’Europa, scopo da loro dichiarato da sempre, al quale non hanno affatto rinunciato. C’è inoltre da rammaricarsi che Papa e vescovi sembrino  insensibili all’appello del Concilio a chiamare tutti i popoli alla fede in Cristo, compresi, quindi, i musulmani.

 Passi che i politici si limitino a vedere l’aspetto economico ed umanitario della questione. Ma che invece  Papa e vescovi presentino lo ius soli come fosse Parola di Dio e trascurino il loro dovere di evidenziare gli aspetti religiosi della questione,  questo significa uscire dalla loro competenze e trascurare il prezioso ed insostituibile servizio spirituale che Cristo ha loro affidato. Ci sono i politici per la politica. Ai nostri pastori chiediamo che siano pastori, e ne hanno d’avanzo.

Occorre pertanto ribadire, per rimediare al silenzio dei pastori, che la pietà per i profughi e i perseguitati e il dovere di scongiurare egoistiche tentazioni di xenofobia e di nazionalismo o, come si dice oggi, di «populismo» – parlare di «razzismo» è antistorico e calunnioso -, non possono scompagnarsi dalla necessità di far fronte all’invasione islamica, testimoniando Cristo ai musulmani  e ridando vita e vigore alle radici cristiane dell’Europa. Non chiediamo a Salvini che ci parli dell’invasione islamica, ma ai nostri vescovi lo chiediamo e chiediamo che cosa fare e non ci dicano, per favore, che non esiste, se non vogliono vivere fuori della realtà.

Va dunque appoggiata l’azione dell’attuale governo, tesa ad evitare i facili schematismi – accoglienza o rifiuto – e ad unire invece saggiamente accoglienza e prudenza, comprensione e fermezza, e ad esortare l’Unione Europea a non lasciar sola l’Italia in questa impresa superiore alle sue forze, nella quale invece tutte le nazioni dell’Unione devono sentirsi impegnate. Ognuna invece deve fare la sua parte, senza gettare tutto il peso sugli Italiani, approfittando della loro proverbiale umanità, pazienza e generosità. Altrimenti dov’è l’Europa?

Questa situazione di grave disagio, nella quale l’Unione Europea sembra voler spingere l’Italia, pare potersi congiungere alla pressione dissolvente esercitata dal genderismo, oggi in gran stima presso l’UE, nei confronti dell’istituto della famiglia, altro cardine tradizionale della società italiana, insieme col cattolicesimo, che notoriamente ha il centro direzionale mondiale in Italia e qui ha le sue più illustri tradizioni. Persino il massone Giuseppe Mazzini conosceva il motto degli Italiani: «Dio, Patria e Famiglia». Mazzini è un pio devoto rispetto alla perfidia della massoneria di oggi, che è riuscita a penetrare, col rahnerismo, persino nella Chiesa.

Nasce allora il grave sospetto che la forza occulta che preme in queste due direzioni – la dissoluzione del cattolicesimo ad opera dell’Islam e quella della famiglia ad opera del genderismo -, sia la massoneria, mortale nemica del cattolicesimo sin da quando è sorta, oggi in auge presso i vertici dell’UE.

Stupisce quindi che i vescovi italiani e il Sommo Pontefice, anziché avvertire gli Italiani ed ammonire l’UE, si prestino a queste manovre criminali e sovversive, che minano alla base le radici della società italiana, le basi cristiane dell’Europa e i fondamenti della compagine ecclesiale.

P.Giovanni Cavalcoli,OP

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