Dunque il problema è stato posto sul tavolo con chiarezza. Convergenza ha aperto il tema con una proposta precisa e molto semplice: la crisi in cui versano l’Italia e l’Europa si può affrontare e sconfiggere, a patto che i cattolici con la loro cultura e sensibilità, con la loro storia che viene da molto lontano, con la loro vasta e preziosa militanza civile, tornino protagonisti della vita politica e sociale del paese, uscendo dalla situazione di subalternità e marginalizzazione nella quale sono finiti a trovarsi.
Molte le incertezze e i dubbi della variegata galassia cattolica di fronte alla chiarezza della proposta di Convergenza Cristiana 3.0. Solo il Santo Padre Francesco, con la sincerità che gli è propria, ha dato una risposta univoca e puntuale. Nel volo di ritorno dalla visita pastorale in Egitto, parlando con i giornalisti e riferendosi alla campagna elettorale francese ha detto ‘en passant’ ma non di sfuggita: “… un pò di tempo fa mentre salutavo della gente, un tizio mi chiese un aiuto per fare un partito di cattolici. Questo signore era buono, ma sicuramente viveva nel secolo scorso”.
L’autorevolezza della persona e della Istituzione che incarna, esigono non solo il massimo rispetto, ma anche la massima attenzione e considerazione, e dunque una risposta meditata ed attenta.
Al momento appare pacifico che non sia possibile mettere in discussione o peggio, pensare di costruire il bene comune facendo a meno dell’articolo 49 della Costituzione: “tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale.” La questione dunque non è sul partito, ma su quale partito ovvero quale progetto politico ed ideale i cattolici debbano oggi e per il futuro costruire e sostenere, identificandosi in esso.
Partito cattolico ‘tout court’? Certamente no.
Il partito cattolico fu realtà splendida e luminosa di due secoli fa, nata dalla generosità, dalla fedeltà e dall’amore a Pio IX, al Papato ed alla Chiesa di un clero e di un laicato coraggioso, che rifiutò l’usurpazione Sabauda e massonica e rocciosamente difese i diritti della Chiesa nella “vexata” questione romana. Ma oggi la “questione romana” non esiste più, e dunque non avrebbe alcun senso un partito cattolico ‘tout court’.
A ben guardare però esiste altra e diversa e più insidiosa ‘questione romana’. E’ la questione legata alla scristianizzazione progressiva ed al secolarismo apparentemente inarrestabile dell’occidente laicista. Certo non esiste più la plebaglia giacobina che assalì il corteo funebre per buttare nel Tevere la salma di Pio IX. Ma esiste la questione delle potenti ed influenti associazioni atee e dei gruppi che scientificamente vogliono imporre una visione dell’uomo e della società lontana da Dio e dall’ordine meraviglioso della sua creazione. Valga per tutti e per tutto lo smantellamento sistematico della famiglia fondata dal patto di amore tra uomo e donna così come la questione della ormai straripante imposizione della cultura gender che si cerca in tutti i modi di imporre. Né mi dilungo sull’affannosa ricerca della ricchezza individuale a scapito del bene comune così come dolorosamente certificato dalla inarrestabile evasione fiscale e corruzione. La verità è che il partito cattolico è questione non archiviata ma il ‘politically correct’, impedisce che se ne parli.
Allora un “partito di cattolici”?
Un partito cioè simile a quello nato dalla genialità di Luigi Sturzo e di tanti altri, sulla scia dei principi generali tracciati dalla Scuola Sociale Cristiana e poi definiti dal magistero insuperabile ed insuperato di Leone XIII. Un partito riformista, internazionalista e pacifista. Un partito nato per superare nella concretezza storica e politica del primo novecento, l’aspro conflitto tra capitale e lavoro e per pacificare ed unificare nella sua costituzione materiale l’Italia uscita dalla grande guerra.
Ma quel partito non poté spiccare il volo e sprigionare le sue immense potenzialità, perché le Gerarchie per giungere all’agognato Concordato scelsero ‘l’uomo della Provvidenza’. Scelta dolorosa che lasciò profonde ferite come testimoniato dalla lettera di De Gasperi a Pio XII opportunamente ricordata da Monsignor Negri. Anche oggi una parte della Gerarchia sembrerebbe ‘optare’ – sebbene senza clamore – per l’uomo della Provvidenza di turno. E tuttavia quel tipo di partito, il partito di cattolici è più che mai necessario solo che si consideri che lo stesso Papa Francesco nel recente messaggio alla prof.ssa Margaret Archer, Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali ha molto bene sottolineato che “ le stagioni che abbiamo lasciato alle spalle, l’800 e soprattutto il 900 sono state caratterizzate da ardue battaglie sia culturali, sia politiche in nome della solidarietà e…per la conquista dei diritti civili e sociali ..e sono lotte comunque ben lontane dall’essere concluse..”. E mai giudizio fu più pertinente, perché la non risolta questione del conflitto tra capitale e lavoro ha proiettato ben oltre il 2000 le ombre del novecento, il secolo lunghissimo e non il secolo breve, come pure autorevolmente si è detto sbagliando.
La novità è che nel secolo nuovo tutte le problematiche del secolo vecchio si sono incancrenite nella questione – ben evidenziata dal nostro asserto economico – della forbice inarrestabile tra ricchi e poveri, della distruzione progressiva del ceto medio, della disoccupazione giovanile, della riduzione in povertà di vasti ceti della popolazione. Se il partito dei cattolici fosse veramente solo questione del secolo scorso, cionondimeno essi non avrebbero esaurito la loro funzione ed i loro compiti.
Allora forse, potrebbe essere più semplice indirizzarsi verso l’esperienza del partito ‘dei cattolici democratici’. Di quella generazione di politici per intenderci, che arrivati al potere con De Gasperi, seppe garantire la libertà e la democrazia all’Italia, prima resistendo coraggiosamente agli infantili ma pericolosi tentativi Rivoluzionari di Secchia e compagni, e poi ai molteplici e variegati tentativi autoritari a destra: l’operazione Sturzo, il Generale De Lorenzo, Antilope Kobbler, la strategia della tensione, la P2… Una generazione sempre vittoriosa ma che alla fine dovette cedere sotto il maglio del caso Moro prima, della magistratura militante poi e da ultimo del dilagare della cultura dei facili successi divenuta egemone nel mondo politico occidentale e nel suo retroterra culturale naturale: la società liquida e consumistica, portatrice di danni profondi ed irreversibili.
Si obietta che un partito siffatto non avrebbe nessun motivo di esistere oggi che il quadro politico, culturale e sociale è totalmente cambiato, e che la questione delle libertà in Italia non esiste.
Eppure, se si va a grattare la superficie si vede bene che nella seconda Repubblica è apparsa e poi è via via lievitata, una questione libertaria molto più oscura e problematica rispetto ai pur insidiosissimi tentativi di spostamento a destra dell’asse politico del paese vissuti nella prima Repubblica. La questione libertaria si è andata alla fine a cristallizzare ed identificare con la natura autoritaria e anti umana di una finanza globale avara ed avida, che ormai si è imposta. Una realtà inafferrabile in mano a pochissimi straricchi, di fatto veri ed unici padroni dei popoli e delle nazioni. E questa questione libertaria, nazionale e globale, è lungi non solo dall’essere risolta, ma anche dall’essere analizzata ed affrontata in una corretta prospettiva politica, riducendosi la opposizione ad essa alle mere denunce black block e ad indignante e sterili proteste, spesso violente.
Di fronte a questo insieme di emergenze solo tratteggiate a volo d’uccello, non riteniamo di poter cambiare opinione.
Oggi molto più che in passato è drammaticamente viva, attuale ed indifferibile l’esigenza e l’urgenza di un partito cattolico, di un partito di cattolici, di un partito di cattolici democratici. Di un partito che noi abbiamo immaginato come un partito cristiano sociale, dalle solide e forti radici cristiane, rappresentativo del vastissimo, ricchissimo e multiforme mondo cattolico e del suo volontariato, di fatto senza voce e senza rappresentanza. Di un partito che avendo come bussola i valori propri della storia e tradizione cristiana, si accinga a ricostruire l’Italia per la terza volta. Naturalmente di tale partito rimangono fondamentali i contenuti programmatici i quali proprio perché strettamente riconducibili ai valori cristiani e alla dottrina sociale della Chiesa, si presentano e si propongono quali elementi di riconoscimento, identità ed appartenenza nei confronti di un elettorato sempre più disinteressato ed annoiato dalle tematiche politiche ridotte a meschina rissa e dalle piccole vicende partitiche.
Ma questo è proprio l’intento e lo scopo di Convergenza Cristiana 3.0: riunire le migliori energie intellettuali ed umane attorno a valori ineliminabili e storicamente certificati.
Non ha nessuna rilevanza se il progetto debba prendere l’abbrivio da posizioni di minoranza. Le idee buone si affermano inevitabilmente e sempre.
Né ha pertinenza sviluppare acute riflessioni dei rapporti tra i due poteri sostenendo, sulla scia della nota frase evangelica che alla fin fine Dio non ha bisogno di Cesare e viceversa. Oggi l’ammonimento su cui riflettere è la terribile frase rivolta a Pilato: “ non avresti alcun potere se non ti fosse stato dato da Dio…..’ . Mentre rinvio al grandissimo Leone XII ed alla sua “Immortale Dei” la interpretazione autentica di questo tremendo giudizio, – su cui pur ritorneremo – osservo che alcuni punti qualificanti e specifici della Gaudium et Spes quale per esempio la difesa della famiglia, sono oggi finiti bellamente in qualche dimenticato cassetto. Né posso mancare di rilevare come una interpretazione restrittiva del ruolo dei cattolici nello spazio riservato a Cesare ha finito per consegnare ai Vescovi compiti di supplenza e rappresentanza che sono propri dei laici, aumentando la disaffezione alle cose sacre identificate con quelle profane e di potere ridotto a tutela corporativa di interessi di parte.
Da ultimo la questione non è limitabile neanche ai programmi politici, peraltro importantissimi.
Si è ben visto sia nella prima, sia nella seconda Repubblica, che solo il senso di appartenenza e di identificazione ad un soggetto politico dai contorni ben caratterizzati spinge le persone ed i cittadini a impegnarsi ed a lottare per le proprie idee, ritrovate ed identificate in quelle del soggetto e del gruppo. E dunque non solo ad elaborare programmi ritenuti adeguati alle esigenze dei tempi ma anche ad impegnarsi per imporli in un quadro di giuste priorità. Esattamente quello che è mancato al mondo cattolico subalterno da oramai trent’anni a questa parte a culture di sapore liberale, piuttosto che non socialista o nostalgiche, od ancora semplicemente protestatarie, ” situazioniste” e liquide o, addirittura, populiste.
Ed invece se un partito saldamente fondato sui valori cristiani non riuscirà ad emergere dalle secche del materialismo pratico, superando di forza lo sbarramento parlamentare costantemente frappostogli da maggioranze dal sapore vagamente populista, laiciste, radicali ed appiattite sul “ politically correct”, non è immaginabile pensare di intravedere un giorno una maggioranza parlamentare e di governo capace di reperire e poi stanziare le risorse necessarie per una nuova stagione politica di pace e di prosperità, di solidarietà e di vera fratellanza politica.
Noi invece siamo certi che i cattolici, se uniti e saldi in un loro qualificato progetto politico, possano progettare e lavorare con successo ad una nuova e felice stagione di riforme e di libertà.
Ed il motivo di tale certezza è molto semplice. I cattolici possono accettare e superare tutto: una società post industriale, post moderna, post democratica, ed anche una società globale e digitalizzata, per il semplice motivo che nella loro visione non esiste e non è neanche pensabile, una società fondata sulla post verità.
Emilio Persichetti