Nell’affrontare uno dei temi più scottanti del momento , quasi tutti gli osservatori, i commentatori e gli operatori partono schierandosi per l’assetto proprietario preferito.

Così il Governo si esprime per un mantenimento dell’assetto privato che i mercati sembrano preferire pur penalizzando, paradossalmente, tali soluzioni; il Governo stesso, al limite, appoggerebbe un prestito ponte, così confondendo urgenti problemi di cassa e la profondità di tematiche strutturali.

Per contro, i fautori della nazionalizzazione vanno diretti al sodo, ma ad una soluzione che, senza un progetto preciso, dimentica tutta la storia di quest’azienda.

Un’altra idea sarebbe quella dell’azionariato popolare ovvero della partecipazione diffusa, condivisa anche dalle stesse maestranze.

Nessuna di queste soluzioni raggiunge o impedisce il raggiungimento dell’obiettivo di risanamento e continuità dell’azienda; ma il punto è stato, purtroppo, l’adeguatezza di strategie industriali e lo è tuttora.

Dieci anni fa due errori, gravissimi, ma che insieme, rasentano la criminalità – per lo meno politica – sono stati la concomitanza di: totale assenza di strategie nord-sud, verso l’Africa soprattutto per privilegiare un delirante est-Ovest basato su Malpensa e l’assunzione di 2.100 lavoratori perché incombevano le elezioni.

Per risanare un’azienda senza un ridimensionamento inaccettabile occorrono investimenti; ma, più gli investimenti costano e meno i profitti incidono su di essi. Quindi la logica dev’essere privatistica e non assistenziale ma la soluzione, a lungo andare, non può essere privata. Per una ragione economica, però, non ideologica.

Bisogna partire da progetto e strategie non da disponibilità di risorse: queste ultime derivano dall’esistenza di un progetto e di strategie di aumento delle vendite e ci sono tanti canali di finanziamento, non solo bancari, ma anche da parte di imprese interessate al business in house. Di qui l’osservazione che il coinvolgimento di imprese e delle stesse maestranze sarebbe vincente a fronte di un progetto adeguato.

È inutile partire dagli assetti per concludere che mancano le risorse.

Alitalia: banchi vuoti per lo sciopero

Al contrario, bisogna vedere a quali bisogni interregionali, internazionali e intercontinentali occorre dar risposta, ben avendo chiaro che il trasporto non è fine a se stesso, ma ben legato ad interessi e prospettive commerciali e geopolitiche.

Oggi la crisi dell’Alitalia dovrebbe venir affrontata come la grande opportunità di recuperare strategie commerciali, geopolitiche, tecnologiche e turistiche.

Il ruolo dell’Italia nel Mediterraneo, ad esempio, può venir rafforzato anche da collegamenti rapidi e facili con le isole tramite un sistema di idrovolanti di facile ed economico approntamento.

È solo uno dei tanti esempi (un’idea di Andrea Signini CLICCA QUA ) che, però, può servire a pensare diversamente: prima che cosa, poi come, infine con chi. Non viceversa. Per favore. Basta scemenze. La situazione è grave.

Nino Galloni

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