A proposito delle unioni omossessuali e della esigenza di chiarezza

Dunque il chiarimento o quanto meno l’interpretazione autentica di quanto il docu -film del regista Eugeny Afineevsky ci ha propinato alla mostra del Cinema di Roma in ordine alle idee del Papa sul matrimonio tra persone dello stesso sesso, non è venuta. E così la confusione continua a regnare sovrana sotto il cielo del ‘Popolo di Dio in cammino’.

Confusione preoccupante perché incide su un punto fondante e fondamentale della dottrina e dell’insegnamento della Chiesa: la famiglia e l’unione tra uomo e donna come riflesso trinitario della natura del Creatore nel Suo creato. La qual cosa vuol dire mancata esplicita condanna dell’utero in affitto con connesso mancato riconoscimento del diretto indisponibile del minore ad avere un padre ed una madre. A lato e solo ‘per incidens’ vuol dire anche la mancata denuncia dell’intrinseco disordine etico del rapporto sessuale tra persone dello stesso sesso contemperato per dirla con Lucio Dalla dal diritto ‘a vivere ciascuno come gli pare’. In altre parole la inammissibilità sotto qualunque forma giuridica di un riconoscimento nell’Ordinamento delle unioni di persone dello stesso sesso.

Su questi punti è già stato detto tutto ed io di certo non mi dilungo oltre nel ragionamento, tanto è evidente che l’unica famiglia possibile, perché generatrice di vita, è quella costituita tra uomo e donna. Sono l’uomo e la donna che Dio ha pensato e poi creato come Suoi cooperatori perché attraverso il loro atto di amore costitutivo ed essenziale, sia generata un anima, oltre che un corpo, che Lo lodi e goda di Lui e con Lui per l’eternità.

Non sono però tra quelli che si è stracciato le vesti perché le ambigue espressioni che ci ha propinato il solerte regista vanno in senso contrario e difforme alla retta dottrina ed all’insegnamento bimillenario della Chiesa. Certo non mi avventuro in impossibili e contorte difese. Vedo piuttosto un segno provvidenziale in quanto accaduto. Bisognava che tutto questo avvenisse perché si inverasse e si rendesse storia l’insegnamento stupendo e veramente sapienziale del Vaticano II.

Il primato petrino è fuori discussione così come chiarito dal Vaticano I e dalla Costituzione dogmatica ‘Pastor Aeternus’ uscita da quel consesso. E tuttavia perché il magistero Pontificio in qualche modo distonico ed in discontinuità con l’insegnamento plurisecolare e consolidato della Chiesa possa diventare a sua volta retta dottrina e Patrimonio della fede, occorre il consenso del Collegio e soprattutto il “sensus fidei fidelium”. Nelle due Costituzioni Lumen  Gentium (N. 12 e 35) e Dei Verbum (N. 8) il Concilio Vaticano II si salda al Vaticano I in modo organico ed ordinato, prospettandosi come sua naturale prosecuzione ed evoluzione.

Occorre in altre parole la ratifica del comune sentire di tutto il Popolo di Dio in cammino’ nel quale ed attraverso il quale parla ed opera lo Spirito Santo, perché il nuovo entri nel corpo puro e santo della Chiesa. E dunque è bene che il ‘Popolo di Dio’ si esprima liberamente e continuativamente nel corso della Storia.

Senza l’essenziale assenso del Collegio e la ratifica del “sensus fidei fidelium” qualunque magistero pontificio per quanto autorevole e meritevole di assoluto rispetto, si risolve in una riflessione teologica importante e qualificata, da esaminare e meditare con la massima attenzione, perché proveniente da chi è ed è stato posto dallo Spirito Santo quale fonte e garante della unità della Chiesa, ma pur sempre riflessione di un perito e di un teologo, e dunque criticabile e rifiutabile. Nulla di meno e nulla di più.

Per questo motivo mi lasciano del tutto indifferente i commenti gioiosi e fatui di bravi teologi che abbiamo letto su Repubblica come quelle di Vito Mancuso secondo il quale il Pontefice ha rotto una tradizione secolare sbagliata aprendo nuove strade. La Chiesa si muove ed avanza sempre in una linea di continuità, mai di rottura, men che meno su una linea di trasformazione, termine dal vago rimando idealista ed al ‘weltgeist’.

Non meno superficiali se non proprio sbagliate le opinioni lette sul Messaggero del 22 Ottobre di filosofi che si qualificano cristiani, come Vattimo, il quale plaude alle coraggiose avances del Pontificato attuale perché in tal modo “vengono scardinate finalmente delle eredità spurie, sedimentate e persistenti da chissà quali epoche, ma di cui non si capivano le vere motivazioni”. Peccato che la Chiesa oltre ad essere di certo una società umana ma sia anche divina, e che in ogni epoca della sua storia Dio ha seminato nel suo grembo sapienza e Spirito Santo destinati a rimanere per sempre.

Viceversa leggendo le coraggiose e pregnanti valutazioni di autorevoli e qualificati Cardinali come il Cardinal Müller nella sua intervista al Corriere della Sera e del Cardinal Bürke alla Bussola Quotidiana, ma anche del Cardinal Menichelli e scorrendo velocemente le opinioni che continuano a rincorrersi sul blog, non rinvengo né traccia di consenso del Collegio nel quale ognuno ha interpretato a suo modo, né soprattutto traccia di assenso e condivisione nel sentire unitario e profondo del Popolo di Dio.

Ora il vero problema è che la questione nella sua interezza va cadere sulle spalle di quei Cattolici che siano impegnati in politica e che sono, come tali , chiamati a decidere su questioni che n qualche modo tocchino i temi trattati dal documentario del nostro Afineevsky e che hanno creato tanto confusione. Sono loro che vivono nel proprio intimo l’esigenza profonda della comunione con Pietro, ma al contempo anche la necessità inderogabile della fedeltà alla retta dottrina.

E la questione non è certo quella della comprensione umana, né del profilo giuridico del problema posto che l’abrogazione del reato di sodomia e la libertà dei negozi propria del diritto civile e garantita dalla autonomia privata mettono al riparo chiunque da possibili discriminazioni. Né metto in discussione la libertà nel modo di vivere la propria sessualità che incontra nell’ordinamento l’unico limite dell’Ordine Pubblico.

Rimango allo stretto tema religioso e teologico. Ritengo che questi politici debbano far sentire con una forza pari alla carità, il proprio dissenso obbedendo a Dio prima che a Pietro e dunque operando attivamente per la difesa dell’unicità del matrimonio tra uomo e donna, impedendo la pratica dell’utero in affitto, ingiustizia suprema per le donne povere ed in stato di bisogno, e dunque per garantire ai minori il diritto al padre ed alla madre e – da ultimo-  per garantire alla società civile il non ingresso di legislazioni che diano status giuridico e rilevanza nell’Ordinamento alle così dette unioni civile legittimate invece in Italia dalla legge Cirinnà.

Non ci sarebbe modo diverso per poter fare emergere con chiarezza il “sensus fidei fidelium” e dunque il volto e la parola dello Spirito Santo, ovvero del Figlio sposo mistico della Chiesa e perciò del Padre che lo ha inviato e gli ha affidato la missione della salvezza universale dell’uomo.

E’ nella forza di questa libertà, ma direi di più della cogenza del dissenso, che si rinvengono le radici del canone 227  del ‘Codex’, ma anche della giustificazione e del fondamento ultimo dell’agire del laicato nel mondo: essere Spirito Santo in lotta costante con il Demonio per portare tutto il creato a Dio.

Ed allora sostengo, incoraggio ed invito senza riserva tutti i deputati cattolici a qualunque partito appartengano a continuare la battaglia contro i matrimoni omosessuali e contro la pratica dell’utero in affitto e della ‘step child adoption’. E per rimanere alla battaglia di queste ore ad impegnarsi senza riserve perché non passi la legge Zan oggettivamente illiberale e cristianofobica, naturale prosecuzione logica e politica della legge Cirinnà ed ancor prima della pratica indiscriminata dell’aborto ora addirittura dispensata in pillole con la liberalizzazione della Ru 486 concessa a tutti senza prescrizione ed assistenza medica.

Non si ripeta quanto visto e subito con la legge Cirinnà approvata dopo ed a dispetto della meravigliosa e potente manifestazione del Family Day. Deve essere chiaro a questa ma anche alle generazioni future, e dunque a tutta la Chiesa dei tempi che verranno, che l’unico matrimonio possibile è quello tra uomo e donna, che gli unici genitori possibili per il minore sono e devono essere un padre ed una madre naturali, che i diritti del nascituro sono ineliminabili ed infine che i così detti nuovi diritti devono trovare il giusto contemperamento nei doveri di sempre.

Emilio Persichetti

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