La crisi economica continua. Le riflessioni del card. Bagnasco e della Direttrice del FMI Lagarde

Una serie di importanti interventi hanno caratterizzato i primi mesi del nuovo anno confermando la necessità che una profonda riflessione venga avviata, a tutti i livelli, su questioni da cui possono dipendere le condizioni di vita di decine di milioni di persone e, persino, quegli equilibri politici, economici e sociali che caratterizzano la situazione in diverse e strategiche aree del mondo.

Un contributo significativo, ma non è certo la sua prima sollecitazione in materia, è venuto dal cardinale Angelo Bagnasco, Presidente della Conferenza episcopale italiana.

Guardando le condizioni in cui sono state costrette le popolazioni dell’Italia centrale colpite dai terremoti degli ultimi mesi, il cardinal Bagnasco ha ampliato lo sguardo alla situazione complessiva del nostro Paese.

“ La crisi economica – ha sostenuto il cardinal Bagnasco- continua a pesare in maniera significativa sulla nostra gente, specialmente sui giovani e sul Meridione.  A maggior ragione, in riferimento all’ennesimo rinvio sui decreti attuativi, stentiamo a capire come mai tutti i provvedimenti a favore della famiglia – che potrebbero non solo alleviare le sofferenze, ma anche aiutare il Paese a ripartire – facciano così tanta fatica a essere realmente presi in carico e portati a effettivo compimento”.

Il  Presidente della Conferenza episcopale italiana aveva appena finito di ricordare le condizioni in cui si è avviato il nuovo anno per la società italiana e, puntualmente, è giunta la conferma dalla sua riflessione dai dati sull’occupazione in Italia che indicano nel 40% il livello raggiunto dalla disoccupazione tra i giovani.

Il cardinal Bagnasco ricorda le condizioni dei poveri: “ Dall’inizio della crisi, le persone in povertà assoluta in Italia sono aumentate del 155%: nel 2007 erano 1 milione ed 800mila, mentre oggi sono 4 milioni e 600mila”.

Da qui l’indicazione di una proposta precisa su cui si discute anche in altre realtà europea, la Francia in primo luogo: “ Per questo sembra necessario prestare la massima attenzione alla legge delega di introduzione del Reddito d’Inclusione (REI) e alla predisposizione del Piano nazionale contro la povertà”.

Una prima risposta da parte del Governo Gentiloni è venuta con l’accordo siglato il 13 aprile 2017 di un memorandum per l’attuazione di un Piano nazionale contro la povertà con l’Alleanza contro la povertà, in cui sono riunite molte organizzazioni ed associazioni del Terzo settore ( CLICCA QUA ). L’intesa prevede l’introduzione di un reddito di inclusione per almeno 400 mila famiglie entro la fine dell’anno, a fronte  di un milione e 528 mila nuclei familiari ridotte in condizioni di povertà assoluta secondo i dati Istat.

Dunque, molto è ancora da fare mentre continuiamo a ritrovarci di fronte al divario cresciuto smisuratamente nell’ultimo ventennio tra i ricchi e i poveri nella società contemporanea.

Una realtà che, purtroppo, riguarda non solo il nostro Paese, ma anche altre parti dell’Europa e degli Stati Uniti, come ricordano tutti gli studi pubblicati in materia negli ultimi mesi.

Una situazione in cui il disagio profondo provocato dal sisma del Centro Italia aggiunge difficoltà a difficoltà e sottolinea ulteriormente la necessità di reperire altre risorse in un quadro economico e finanziario caratterizzato dalla ulteriore crescita del debito pubblico, dalla stabilizzazione, ma non dalla riduzione, dei livelli di disoccupazione, dal calo delle capacità d’innovazione e produttive delle imprese italiane nel contesto della competizione internazionale.

Bisogna ripensare, dunque,  la nostra politica economica, avviare una profonda revisione della spesa pubblica, che non può e non deve essere limitata alla sua quantità, bensì affrontata per quanto riguarda la qualità e le prospettive.

E’ venuto il momento in cui si vada al cuore della crisi che sta portando alla perdita dei valori di solidarietà che legano la vita sociale ai fondamenti etici e agli ideali indispensabili alla definizione ed al rafforzamento del vivere comune.

Come poche altre volte è accaduto nella storia moderna, l’attuale congiuntura economica sta producendo uno scuotimento profondo delle coscienze e sta portando la nostra vita collettiva sull’orlo della deflagrazione.

Il passo dalla società destrutturata, o come piace definirla a qualcuno “ liquida”, verso una “ non società” è davvero breve. Le tendenze allo sfrenato individualismo e all’egoismo fanno riflettere oramai da troppo tempo.

Solo una visione complessiva può portare una classe dirigente avveduta e capace ad individuare quegli interventi necessari affinché l’attuale situazione non giunga ad intaccare il patrimonio di democrazia costruito faticosamente negli ultimi secoli in sempre più ampie zone del mondo.

Causa ed effetto, infatti, rafforzano vicendevolmente quel fenomeno perverso  che, come già accaduto negli anni venti e trenta in Europa, porta i problemi economici a favorire ed innescare nuove e più gravi divisioni tra gruppi sociali e logorano persino i fondamenti etici alla base di ogni collettività.

In questo senso, anche l’analisi politica ed economica deve riscoprire quei valori morali che sostengono e giustificano la vita comunitaria.

E’ necessaria, pertanto, una maggiore capacità di osservazione, ascolto, comprensione  e azione quando si propongono soluzioni per tutto ciò che  oggi coinvolge la responsabilità internazionale della guida economica e finanziaria mondiale. Ciò vale ancor di più per le linee guida e gli interventi concreti decisi dall’Unione europea nel suo complesso e dai singoli governi del Vecchio continente.

Il collegamento diretto ai fondamenti morali che devono sottostare ad ogni proposta politica è indicato dal Cardinale Bagnasco nella sua ulteriore riflessione sulla famiglia, nucleo naturale iniziale dalla società e  primo luogo di assimilazione di valori fondamentali e di relazioni interpersonali.

Ricorda il Presidente della Cei: “A maggior ragione, in riferimento all’ennesimo rinvio sui decreti attuativi, stentiamo a capire come mai tutti i provvedimenti a favore della famiglia – che potrebbero non solo alleviare le sofferenze, ma anche aiutare il Paese a ripartire – facciano così tanta fatica a essere realmente presi in carico e portati a effettivo compimento”.

Cardinale Angelo Bagnasco

Mentre invece, sottolinea il prelato: “La discussione politica verte, piuttosto, su altri versanti, quali ad esempio il fine vita, con le implicazioni – assai delicate e controverse – in materia di consenso informato, pianificazione delle cure e dichiarazioni anticipate di trattamento. Ci preoccupano non poco le proposte legislative che rendono la vita un bene ultimamente affidato alla completa autodeterminazione dell’individuo, sbilanciando il patto di fiducia tra il paziente e il medico. Sostegni vitali come idratazione e nutrizione assistite, ad esempio, verrebbero equiparate a terapie, che possono essere sempre interrotte. Crediamo che la risposta alle domande di senso che avvolgono la sofferenza e la morte non possa essere trovata con soluzioni semplicistiche o procedurali; la tutela costituzionale della salute e della vita deve restare non solo quale riferimento ideale, bensì quale impegno concreto di sostegno e accompagnamento”.

Che la situazione sia davvero preoccupante viene confermato da un altro importante intervento di questi giorni.

Quello di Christine Lagarde, a capo  del Fondo monetario internazionale, indicata per anni come una delle principali responsabili della politica di austerità e delle più dure posizioni tenute contro i paesi in difficoltà, vedi la Grecia, Portogallo, ad esempio.

Christine Lagarde, infatti,  al Forum economico globale ha sostenuto senza mezzi termini che l’economia mondiale rischia di subire “ effetti devastanti, se si ripetessero nel 2017 in maniera negativa tutti gli elementi di rottura che ci aspettiamo sulla base di quanto accaduto nel 2016, e se si realizza una corsa al ribasso sul fronte fiscale, del commercio internazionale e della regolazione finanziaria”.

E’ chiaro che la Lagarde si riferisce alle politiche annunciate dall’amministrazione Trump, intenzionata a diventare l’alfiere di una politica protezionistica destinata, però, a portare ad un arroccamento da parte di tutti i paesi e delle aree economiche che sono tra di loro concorrenti.

Siamo di fronte, dunque, alla concreta possibilità che si possa aprire una nuova fase nelle relazioni internazionali e in quelle commerciali.

Una nuova fase, al momento dai contorni assolutamente incerti, ma capace di modificare profondamente le basi degli equilibri degli ultimi due decenni, dello sviluppo, dell’economia e della pace mondiale.

Una posizione ulteriormente ribadita dal rapporto comune presentato da FMI, WTO e Banca Mondiale in occasione del documento presentato congiuntamente il 10 Aprile a Berlino ( CLICCA QUA ) secondo il quale “Il commercio ha avuto effetti negativi su alcune tipologie di lavoratori e su alcune comunità”.

Il rapporto sostiene che il ” Commercio porta a incrementi di produttività e vantaggi significativi per i consumatori, specialmente i poveri, ma può anche essere responsabile per lo spostamento di posti di lavoro che deve essere affrontato attraverso sane politiche nazionali che possono aiutare i disoccupati a risollevare la loro condizione”. Non a caso il documento è intitolato “Fare del Commercio un motore di crescita per tutti”.

 

 

 

 

 

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